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Si chiude il caso Berlusconi. Pietra tombale sulla verità

La Corte di Strasburgo evita il giudizio sulla Severino

Si chiude il caso Berlusconi. Pietra tombale sulla verità

«Centinaia di milioni di europei sanno che a Strasburgo c'è chi vigila costantemente sui loro diritti», dice Guido Raimondi, presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo. Sarà. Ma nelle stesse ore in cui Raimondi celebra così il ventesimo compleanno della Corte, in questo stesso palazzo affacciato su avenue de l'Europe viene presa una decisione che sembra mitigare quelle certezze.

Alle undici di ieri mattina, uno dei casi più importanti sottoposti all'attenzione della Corte svanisce nel nulla (tecnicamente, viene «cancellato dal ruolo»). Non sapremo mai se la decisione con cui nel 2013 Silvio Berlusconi venne rimosso dal suo seggio in Parlamento era giusta o sbagliata, non sapremo se il voto del Senato, esattamente cinque anni fa, il 27 novembre, fu la legittima applicazione di una norma tesa a moralizzare la politica o un atto di prepotenza contro il capo dell'opposizione. Silvio Berlusconi ha rinunciato al suo ricorso presentato nel settembre 2013: per questo la Corte ha deciso di non decidere. Berlusconi non ha rinunciato perché si è convinto di avere torto: ha rinunciato perché in cinque anni i giudici di Strasburgo non erano riusciti a chiudere il caso, e ormai - scontata la pena, ottenuta la riabilitazione, riconquistati i diritti politici - dall'alea di una loro sentenza il Cavaliere aveva tutto da perdere. E sono quei cinque anni passati prima di una decisione a pesare indelebilmente sull'immagine della Corte.

Sono i tempi medi di attesa, dicono qui alla Corte. «Ma proprio per questo, di fronte alla rilevanza e all'urgenza di questo caso - dice Andrea Saccucci, il professore romano che ha guidato la task force difensiva del Cavaliere qui in terra d'Alsazia - speravamo che la Corte accorciasse i tempi. Non è accaduto, nonostante lo chiedessimo con insistenza e con forza. In questo modo si è permesso che a Berlusconi venisse inferto un danno irreparabile, impedendogli di partecipare alle elezioni del marzo scorso. A questo punto, e ancor di più dopo la riabilitazione decisa dal tribunale di Milano, una sentenza di Strasburgo non aveva più senso. E avrebbe potuto creare ulteriori tensioni nella già più che complessa vita del Paese». Non è invece che avete rinunciato al ricorso perché temevate che la Corte vi desse torto? «Niente affatto, siamo convinti di avere ragione e che se una sentenza fosse stata pronunciata avrebbe accolto le nostre tesi».

Nel corso delle camere di consiglio seguite all'udienza del 22 novembre 2017 i diciassette giudici di altrettante nazioni presieduti dalla tedesca Angelika Nussberger si sono confrontati e alla fine spaccati. Nel comunicato finale si parla esplicitamente di una decisione presa a maggioranza. Si può ipotizzare che una parte dei membri della Corte, soprattutto tra quelli favorevoli all'accoglimento del ricorso, premessero perché la decisione (che era stata comunque assunta, almeno informalmente) venisse resa nota, vista la rilevanza sociale e politica della vicenda. Ma alla fine ha prevalso la scelta di chiudere la partita senza vincitori né vinti. Era un esito che andava benone anche al governo italiano, che in tutta questa storia - nel susseguirsi dei suoi governi - ha premuto perché Berlusconi non ottenesse a Strasburgo una vittoria che avrebbe fatto inevitabilmente pesare anche in Italia. Contro il ricorso del leader azzurro aveva mandato una lunga memoria il governo Renzi; e all'udienza del novembre scorso il governo Gentiloni aveva spedito qui ben quattro avvocati per chiedere che le tesi del Cavaliere venissero bocciate. Solo il governo Conte, come suo unico atto nella vicenda, si è rimesso al giudizio della Corte sulla rinuncia di Berlusconi.

Non è una bella pagina, per questa specie di utopia realizzata che è la Corte dei diritti dell'uomo, unico tentativo al mondo di imporre ai governi leggi e decisioni superiori a quelle dei loro tribunali. Una utopia che vista da vicino qua, nel grande palazzo disegnato da Richard Rogers sembra incarnare tutte le contraddizioni delle istituzioni europee: grandi ideali e superstipendi, raffinatezze giuridiche e lentezze burosauriche. A Berlusconi è andata male. Ad altri - più deboli di lui - va peggio.

Ieri la Corte dei diritti dell'uomo accoglie il ricorso di un poliziotto turco: aspettava la sentenza da dodici anni.

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