Cronache

"Così Lucarelli, Soncini e Neri violarono le email dei vip"

Continua il processo ai tre accusati di aver violato la casella di posta di diversi vip per scavare nella loro vita privata

"Così Lucarelli, Soncini e Neri violarono le email dei vip"

Meno male che a celebrare il processo è un giudice, Stefano Corbetta, che di criminalità informatica è abituato a occuparsi: perché per un comune mortale la babele di url, di proxy, di anonimyzer che risuona nell'aula dell'undicesima sezione penale del tribunale milanese sortirebbe una nebbia confusa. Sul banco degli imputati (anche se non sono fisicamente presenti) stano due giornaliste di grido, Selvaggia Lucarelli e Guia Soncini, insieme a un nome assai noto del mondo del web, Gianluca Neri, titolare di blog e animatore di premi letterari: tutti accusati di avere varcato il senso del lecito, e di avere fatto incursioni a caccia di notizie nella vita privata di vip veri o presunti: da Clooney alla Canalis, da Paolo Guzzanti al regista Paolo Virzì. Il processo ha faticato a decollare, nell'attesa di un accordo tra vittime e imputati che chiudesse la faccenda, e che non è arrivato. Così oggi finalmente si parte, a sei anni dalle incursioni elettroniche, e col filo di lana della prescrizione ormai in vista.

Sul banco dei testimoni, siede l'investigatore che di tutta l'indagine è stato il cervello: Davide D'Agostino, 47 anni, maresciallo della Guardia di finanza che da anni si è messo di buzzo a studiare i delitti al computer, e oggi - dall'alto del suo modesto stipendio da servitore dello Stato - tiene lezione ai corsi di forensic. Arrivò nelle sue mani la denuncia presentata in un commissariato da una delle vittime, destinata a perdersi nei meandri, e che invece lui e i suoi colleghi hanno seguito passo per passo, fino ad arrivare a quella che per la Procura oggi è una certezza: Neri entrava nei profili delle sue vittime, ne succhiava dati, rubriche telefoniche, fotografie, persino le carte di credito. Le giornaliste si abbeveravano a quella fonte: la Soncini per pura foga da scoop, la Lucarelli con più ostinazione, e a volte anche per vendetta. Come quando chiede con insistenza a Neri di fornirle i dati per entrare nella posta di Mara Venier, con cui ha litigato, "Ha chiesto la mia testa a Signorini, vojo tutti i suoi scheletri".

D'Agostino racconta della fatica con cui l'indagine ha dovuto confrontarsi con le resistenze dei gestori di server, "chiedemmo i dati a Google e ci risposero che c'era un difetto di girusdizione e che serviva una rogatoria, poi ci dissero che i dati non c'erano". E come alla fine più dei trucchi da smanettoni servirono i vecchi sistemi da sbirro, quando la Soncini venne interrogata come testimone, e disse di non ricordare se conosceva Neri. Poi con una ingenuità di cui difficilmente il giudice non terrà conto al momento della sentenza, aprì le porte della sua mail ai finanzieri. "La Soncini accede con le sue credenziali, ed esce questa mail che come oggetto dice sarà stato Neri?". E' il messaggio con cui nel giro dei vip ci si interroga sulla fulminea fuga di notizie su una festa a casa di George Clooney e Elisabetta Canalis, con 191 foto approdate quasi in diretta al mercato delle paparazzate. "A quel punto c'era il problema di mettere in sicurezza quella mail che chiunque avrebbe potuto cancellare. Così cambiammo la password dell'account della Soncini". Il metodo fa inorridire i difensori, ma D'Agostino lo spiega così al giudice: "È come se io fossi a Chiasso e vedessi un metro oltre il confine qualcosa che devo sequestrare ma non posso varcare la frontiera. A quel punto cosa faccio? Non faccio passare più nessuno fin quando non ho l'autorizzazione..."

Per cercare di nascondere le tracce dell'account giorgio.clone@gmail.com, dietro il quale le foto venivano proposte ai giornali di gossip, venne utilizzato alla fine un servizio di anonimyzer basato in Germania. Ma per il maresciallo non ci sono dubbi, dietro quell'indirizzo c'era Neri: "Quando sequestrammo i suoi computer trovammo una nota con utente e password". Sulla consapevolezza della provenienza illecita del materiale da parte delle giornaliste, l'investigatore non ha dubbi: "Secondo la signora Lucarelli le foto della festa le arrivarono come allegato a una mail. Ma tutte quelle foto in una mail di Google non ci stanno....".

Prossima udienza, l'11 aprile.

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