Cronache

Così Tortona ha chiuso un occhio sulla minaccia jihadista

Siamo stati a Tortona, nella moschea che ha frequentato Francesco Cascio, il foreign figher italiano morto in Siria. Nessuno qui aveva mai sospettato che dietro quella personalità sfuggente si potesse celare un jihadista. Nemmeno chi lo vedeva tutti giorni. Come è possibile?

Così Tortona ha chiuso un occhio sulla minaccia jihadista

Francesco Cascio “era un tipo silenzioso”. Nessuno aveva mai sospettato che dietro quella personalità sfuggente si potesse celare un jihadista. Nemmeno chi lo vedeva tutti giorni. Questo è quello che emerge dai racconti dei frequentatori della moschea di Tortona, nell’Alessandrino, dove il giovane si recava a pregare quotidianamente. Eppure è proprio lì, tra quelle mura spoglie, che il ventisettenne siciliano ha lasciato le sue ultime tracce e, forse, proprio lì è custodito il segreto della sua radicalizzazione. Impronte nel deserto, a giudicare dalle testimonianze di chi era con lui in quel periodo.

Quando arriva a Tortona, infatti, Cascio si fa già chiamare Muhammad. Tunica bianca e barba lunga, è uno dei pochi italiani convertiti all’Islam della zona e sogna da tempo il martirio. Ben prima di conoscere la “lady jihad” Lara Bombonati, il giovane vagheggia una morte “eroica”: sciabole e guerrieri sono elementi ricorrenti nella pagine dei suoi diari di liceale. Ma nella piccola moschea di via Giolitti, nata nei primi anni Novanta, quel ragazzo “strano” viene notato appena. D’altronde viene dipinto come “uno che teneva sempre la testa bassa” e “non parlava mai”. Anche se la voce per chiedere in giro - un po’ a tutti - aiuto a trovare lavoro, sembra l’avesse tirata fuori. Tanto che Hanmaki Abdesstar, un marocchino sulla cinquantina, ricorda: “Ci siamo mobilitati per fargli ottenere i permessi per mettere un banco al mercato, si lamentava perché non guadagnava”. E poi? Prima che l’affare andasse in porto lui è sparito. Ma anche la sua sparizione sembra non aver destato alcun sospetto: “Ci aveva lasciati dicendo che sarebbe tornato a casa sua, in Sicilia”.

Anche di Lara Bombonati, o Khadija, si ricordano in pochi. Pur avendo abbracciato la religione islamica, sembra non fosse un’habitué di via Giolitti. Come è possibile? “Le donne non sono obbligate a pregare in moschea”, spiega Hamid Errachcham, portavoce della Onlus Comunità islamica di Tortona. “L’ho incontrata solo in un’occasione - aggiunge - era assieme a Francesco, al supermercato”. Una testimonianza che s’intreccia con i ricordi di Laura. Nel corso di una conversazione intercettata e diffusa la donna racconta con tenerezza di quando lui le portava le borse della spesa.

Cascio si è trattenuto nella piccola comunità islamica di Tortona per diversi mesi eppure sembra un’ombra. Ma, a quanto pare, è normale. “Qui - spiegano i responsabili della comunità islamica locale - non c’è tempo per conoscersi, la preghiera dura 3-4 minuti ed è un porto di mare, sa quanta gente arriva e se ne va?”. D’altro canto, si giustificano, “non siamo obbligati a controllare i frequentatori” e poi “sinora una cosa simile non era mai successa”. In più, dicono, “era pure italiano”.

Cade dalle nuvole pure l’imam, Jakhlal Hicham, che prende le distanze dal foreign fighter: “Ha fatto una cosa sbagliatissima”.

Ma anche lui sembra parlare di un fantasma, tanto che prova a spiegare cosa è scattato nella mente del giovane ricorrendo al paranormale: “Si è trattato di una magia”.

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