Cronache

Incinta di sette mesi, Sofia ha perso il suo bambino per colpa della zika

Prima la gravidanza in Brasile, poi la scoperta durante un normale controllo. "Mi hanno fatto capire che dovevo abortire"

Donna incinta in Honduras, dove sono stati rilevati casi di zika
Donna incinta in Honduras, dove sono stati rilevati casi di zika

Suo figlio sarebbe dovuto nascere a Verona, "il giorno dell'Immacolata. Non ne ha avuto il tempo". Quel bambino Sofia l'ha perso a causa del virus della Zika. È lei la prima donna italiana che per colpa della malattia non ha potuto mettere al mondo il nascituro, quando era già incinta da diversi mesi.

Sofia racconta a Repubblica la sua vicenda, spiegando di come vivesse in Brasile fino a pochi mesi fa, insieme al marito, da quando nel 2012 aveva lasciato il Veneto per trasferirsi in Sudamerica e studiare qui biologia, per diventare esperta di botanica medica.

A marzo era rimasta incinta. "Un inizio di gravidanza difficile", ma nulla di troppo strano. Fino alla comparsa sul corpo di bolle che le avevano causato un prurito insopportabili, poi dolori alle ossa e febbre altissima. Sintomi che chi la curava in Brasile aveva riconosciuto. "Dovrebbe essere il nuovo virus, si chiama Zika". Ma allora nessuno si era preoccupato troppo.

Dopo tre giorni i sintomi se n'erano andati. La giovane italiana era poi tornata in Italia, in estate, per una serie di analisi di routine. E allora la scoperta: il suo bambino era molto più piccolo di quanto sarebbe stato normale a quel punto della gravidanza. E dopo qualche visita erano comparse una serie di macchie sulla testa. Nessuno "capiva cosa fossero".

Fino a una risonanza magnetica che aveva rilevato una serie di cisti nel cervello del piccolo, che nel frattempo aveva deciso di chiamare Pietro. La madre, che aveva fatto tutte le analisi contro malattie tropicali come la febbre dengue, si trovava a scontrarsi contro la mancanza di letteratura sulla Zika.

"Non hanno deciso niente. Mi hanno lasciata sola. Domandavo se il mio bambino sarebbe stato un vegetale, se aveva speranze di vita". Fino a che i medici le fecero capire che "sarebbe stato meglio abortire. Quasi di nascosto mi hanno dato un foglio". Ormai al settimo mese, si poteva fare a Lubiana, in Slovenia. Non in Italia.

"Pietro nel frattempo aveva smesso di muoversi". Il 15 ottobre, ormai in Slovenia, il parto indotto.

"Il suo cuore non batteva più".

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