Cronache

Una delle baby squillo: "I clienti erano deficienti. Io non ero felice"

"Svuotavo la testa e dicevo: vabbè, tanto è un'ora e poi è finito". Sei persone a processo

Una delle baby squillo: "I clienti erano deficienti. Io non ero felice"

La prospettiva di un guadagno facile ma anche la paura di incontri sessuali con estranei. Dietro la vicenda delle ragazzine prostitute di Roma si cela una situazione di abbandono e solitudine che emerge dai verbali dell’incidente probatorio. Ma anche lo schifo dei clienti che la più piccola delle ragazzine erano "tutti deficienti". "Svuotavo la testa e dicevo "tanto è un’ora, poi è finito". Non ero felice ma volevo l’indipendenza economica, cercavo di mettermi nei panni di una persona che stava facendo un lavoro normale", ha dichiarato la giovane. Che ha ammesso come le prime volte fosse impaurita: "Che gente mi capita? E se ti violentano? Poi piano piano ho capito che erano tutti deficienti". Poi il racconto degli incontri: "Se andavo a casa del cliente o se lui mi veniva a prendere rispondevo alle domande il minimo indispensabile, ma non ero io, cioè ero proprio un'altra persona. Io non segnavo sull'agenda quelli che venivano anche perché non ero così tanto felice, anzi non ero felice per niente". E poi ancora il rapporto con la famiglia: "La mia amica doveva dormire sulle scale perché la madre non gli apriva. A volte rincasava alle tre e allora era troppo tardi, a volte la madre non era in casa oppure dormiva e non sentiva il campanello".

Intanto la procura di Roma ha chiuso l'indagine sullo sfruttamento della prostituzione e la cessione di droga e presto chiederà il rinvio a giudizio per i primi sei clienti.

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