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La democrazia diretta, sogno grillino per tagliare teste

La democrazia diretta, sogno grillino per tagliare teste

Questa è una storia di tanti secoli fa. Atene, 482 avanti Cristo. La democrazia è molto giovane e diretta. I cittadini maschi, maggiorenni e liberi si riuniscono in ekklesía, ecclesia, assemblea, una sorta di portale della rete dove si vota su ogni questione dove c'è da spendere troppe parole e accapigliarsi per nulla. Anche allora le cose veramente importanti venivano definite altrove, tra i pochi. Pericle, per esempio, qualche anno più tardi sarebbe stato bravissimo a far approvare tutti i suoi piani. Ma in quei giorni ha ancora tredici anni. Al potere c'è Temistocle, «gloria della legge». Vince perché conosce la pancia della gente. Va a vivere nel quartiere dei vasai ed è una scelta politica in qualche modo geniale. Plutarco racconta che «corteggiò i poveri e quelli, non abituati a essere amati, lo amarono a loro volta. Girando le taverne, i mercati, i banchetti e facendo propaganda dove nessuno aveva pensato di farla prima di lui, assicurandosi di non dimenticare il nome di nemmeno uno di quelli che votavano, Temistocle aveva messo gli occhi su un tipo di elettorato radicalmente nuovo». È il primo populista democratico. Il suo avversario politico si chiama Aristide e lo battezzano «il giusto».

Ora la democrazia diretta è spesso pigra. Pure ad Atene la gente segue quelli bravi a parlare e applaude ora questo ora quello sulla base di emozioni, suggestioni e mal di pancia. Ma quando c'è da gettare pietre contro qualcuno è sempre sveglia e feroce. Temistocle vuole usare i profitti delle miniere di Atene per costruire una flotta in grado di spaventare i persiani. Aristide si oppone. Quando l'arconte chiede un referendum per l'ostracismo del rivale vince senza fatica. Plutarco, sempre lui, racconta una storia che spiega le ragioni di pancia dei cittadini ateniesi. Un ateniese sta votando sull'ostrakon, il pezzo di coccio usato per segnalare gli indesiderati, per l'ostracismo. Solo che è analfabeta. È in quel momento che passa Aristide. L'uomo non lo riconosce e chiede proprio a lui di aiutarlo. Aristide chiede: «Ma che ti ha fatto?». L'altro risponde: «Nulla. Neppure lo conosco. Ma sono stanco di sentir parlare di questo Aristide il giusto». Aristide scrisse il proprio nome.

Questa storia non va dimenticata. Finora anche la democrazia diretta a cinque stelle funziona solo per cacciare la gente. O per annullare le votazioni non gradite all'arconte. Ma in questo Grillo è coerente. Lo stesso Jean-Jacques Rousseau, caro a Casaleggio tanto da battezzare il suo portale con questo nome, ha lasciato una via di fuga agli accidenti della democrazia diretta. La «volontà generale» non corrisponde esattamente alle scelte della maggioranza. È qualcosa in più, una sorta di quid spirituale che solo il «legislatore» può afferrare. Chi è il legislatore? Un essere eccezionale, un po' sciamano un po' badante, perché il popolo è una «moltitudine cieca che vuole sempre il bene ma non sempre lo vede».

Serve qualcuno che lo illumini: «l'inventore della macchina».

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