Cronache

Svolta nelle indagini sulla sparizione di Matteo Barbieri

Svolta nelle indagini sulla sparizione di Matteo Barbieri

Diciottenne scomparso a Roma: per gli inquirenti sarebbe stato ucciso. Un’esecuzione. Il movente? Vendetta o gelosia. Svolta nelle indagini sulla sparizione di Matteo Barbieri. La Procura, pm Andrea Cusani, avrebbe chiuso il fascicolo d’inchiesta per allontanamento volontario, aprendone un altro per omicidio, modello 21, e iscrivendo sul registro degli indagati personaggi che frequentavano Matteo, conoscenti del suo coinquilino e della sua fidanzata. Poche indiscrezioni, insomma, sulle persone coinvolte in quello che si pensa sia stato un vero e proprio agguato lungo la via Braccianese Claudia tra La Storta e l’Olgiata mentre il ragazzo rincasava in moto. Secondo una prima ricostruzione Matteo svanisce nel nulla la notte fra mercoledì 11 e giovedì 12 luglio. Aveva appena finito il suo turno di lavoro in un ristorante, Capperi, nel quartiere romano della Balduina dove vivono i genitori. La fidanzata, Diana Pandel, racconta che Matteo aveva mollato la scuola alla vigilia della maturità, voleva rendersi indipendente, lavorare e poi diplomarsi ai corsi serali. Gli stessi genitori, mamma Maria, fisioterapista, e il papà Angelo, custode, hanno cercato di convincerlo a non abbandonare gli studi. Ma lui niente. Per quanti lo conoscono Matteo è “testardo come un mulo”. Tanto da decidere di andare a vivere per conto proprio, dividendo un appartamento con un amico ad Anguillare Sabazia, sul lago di Bracciano. Una vita alla luce del sole, quella di Matteo, anche se i carabinieri del Trionfale non escludono che il ragazzo sia finito in un brutto giro. Le ipotesi investigative ruoterebbero su un gruppo di giovani, amici dell’ex ragazzo di Diana. E proprio a lei Matteo invia l’ultimo messaggio, alla mezzanotte e 36 minuti di quella notte maledetta. Lo fa, Matteo, mentre saluta i colleghi al ristorante, pochi istanti prima di salire sulla sua Honda CB 500 nuova fiammante. “A quel punto il 18enne imbocca via della Balduina, percorre via Igea, la via Trionfale fino a immettersi sulla statale Cassia e da qui sulla via Braccianese - racconta Emilio Orlando, giornalista scrittore che sta seguendo il caso -. Poi, alla prima rotatoria venendo da Roma, all’altezza di via Casale San Nicola, il suo cellulare si blocca. Lo rivelano le celle telefoniche”. Il mistero si infittisce: il telefonino di Matteo da questo punto in poi sembra sia portato da qualcuno a piedi per alcuni centinaia di metri. Infine viene spento. I tecnici che stanno indagando sui supporti informatici collegati al portatile di Matteo, rilevano un rallentamento della velocità della scheda Sim. L’ipotesi più agghiacciante? Matteo sarebbe stato fermato, fatto scendere dalla moto e costretto a seguire a piedi qualcuno. Oppure, una volta bloccato sulla strada, a Matteo il cellulare gli viene sottratto e portato via. I genitori e gli amici del ragazzo da giorni setacciano le campagne attorno quel tratto di strada che porta alla cittadina lacustre. Utilizzano droni per perlustrare la zona dall’alto alla ricerca del minimo segno sul terreno. Segni di Matteo e della moto cui teneva tanto e che non avrebbe mollato mai a nessuno. Non solo. Parenti e amici sarebbero parte attiva delle indagini, collaborando con gli inquirenti nella ricerca di video ripresi dalle telecamere piazzate su strade, cancelli, negozi. Un lavoro certosino: “Abbiamo bisogno soprattutto del tratto urbano - spiega il padre Angelo - percorso da nostro figlio. Soprattutto quello di via Igea. Spesso, però, la gente è restia ad aiutarci e chiede un mandato della Procura o dei carabinieri”. “Matteo sarebbe incappato in un qualcosa più grande di lui” temono i genitori. Numerosi i precedenti di scomparsa “anomali” nella capitale e nella provincia. A cominciare da Tiziano Allegretti, romano, 27 anni, scomparso nel 2005 e mai trovato o Alfredo Guagnelli, legato a Gennaro Mokbel, svanito nel nulla nel 2009. Ma il caso più drammatico è quello di Mario Guzzon, 26 anni, giocatore di basket. Il giovane, di Aprilia, nell’agro pontino, una sera non rientra a casa. Verrà trovato cadavere, carbonizzato e con tre colpi di pistola alla nuca, su una spiaggia di Tor San Lorenzo, tra Anzio e Torvaianica. Il suo peccato? Non aver pagato un grosso quantitativo di cocaina.

Gli assassini? Condannati a 30 anni di carcere.

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