Economia

Dimmi come voti e ti dirò che Fisco avrai

In chiave elettorale una delle differenze più nitide tra il centrodestra e la sinistra è senz'altro la ricetta per le tasse

Dimmi come voti e ti dirò che Fisco avrai

In chiave elettorale una delle differenze più nitide tra il centrodestra e la sinistra è senz'altro la ricetta per le tasse. Sono in gioco la semplificazione fiscale e la lotta all'evasione. Sul Fisco torneranno a confrontarsi le due concezioni opposte: quella liberale (o liberista) che teorizza meno gettito e meno Stato; e quella socialista (o keynesiana) che tende a dotare il pubblico di più risorse possibili. Il confronto è già partito: l'ex deputato Pd e ministro prima delle Finanze e poi dell'Economia dei governi ulivisti (e poi unionisti) Vincenzo Visco ha fornito numeri impressionanti sull'evasione fiscale. Lo ha fatto in un libro appena scritto (per Egea - Università Bocconi Editore) il cui titolo gioca su una hit di Battisti-Mogol: Colpevoli evasioni. Ebbene, le evasioni, ci dice Visco, valgono «l'8% del Pil, il 20% delle entrate fiscali, il 30% di quelle tributarie». E di queste evasioni si sa tutto, come si legge nell'ultimo capitolo e come ha detto il professore di Scienza delle Finanze al Festival Cittàimpresa di Bergamo presentando il libro: si sa «a quanto ammontano, chi le fa, in quali territori, su quali redditi e su quali no, in quali settori». Per questo, aggiunge Visco, «il problema si può affrontare e risolvere. Basta volere».

Gli faceva da contrasto il presidente dell'Istituto Bruno Leoni, Franco Debenedetti, a impersonare la visione liberale della questione. Anch'egli con un libro dalla sua, edito dal centro studi che presiede e intitolato Venticinque per tutti, a cura di Nicola Rossi, che teorizza la flat tax, con aliquota del 25%. Ma quello che emerge e che divide i due amici (entrambi dalla stessa parte nei governi di sinistra prima e dopo il nuovo millennio), oltre a una differente propensione al riformismo, è soprattutto una diversa concezione del rapporto tra Stato e cittadini contribuenti. Nessuno dei due, quindi né da destra né da sinistra, sostiene che l'evasione fiscale non debba essere perseguita; o che l'attuale sistema fiscale, con le sue decine di imposte e scadenze, non vada semplificato. Ma qui finiscono le convergenze. E cambiano le ricette. Quella di Visco parte dalla condivisione di una definizione teorica del contribuente quale soggetto «individualista, egoista, privo di senso civico, sostanzialmente cinico, razionale e con una certa avversione al rischio».

Di fronte a tale individuo, il modo migliore per fargli pagare le tasse è uno solo: predisporre un adeguato sistema di accertamenti e pene. Oltre, naturalmente, a un sistema innovativo di prelievo fiscale (che lasciamo scoprire ai lettori). Ma il punto è che non viene presa in considerazione l'ipotesi di ribaltare il problema e partire dallo Stato: di quante risorse ha realmente bisogno? Non potrebbero essere molto minori, così da avere bisogno di minor gettito? Questa è invece proprio l'idea di fondo di Debenedetti, Rossi e Ibl, che (in estrema sintesi, ci scuseranno) teorizzano un'aliquota unica del 25% per qualunque reddito, a fronte della quale la progressività verrebbe garantita a valle da un'area di esenzione e a monte da un servizio sanitario che diventa a pagamento per i redditi maggiori. Una ricetta che libera risorse per il contribuente, rimettendolo al centro di un sistema di servizi in concorrenza tra loro. E che lo immagina, di fronte al «25 per tutti», meno ansioso di commettere colpevoli evasioni. La disputa sui risultati dell'una o dell'altra teoria continuerà all'infinito. Ma a noi, giunti a questo livello di pressione ed evasione fiscale, piacerebbe poter avere, nelle prossime urne, insieme all'indicazione delle liste, anche una effettiva possibilità di scegliere quale tipo di contribuente essere.

E quindi di cambiare.

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