Cronache

La disobbedienza del sindaco che diventa puro arbitrio

O mnia munda mundis, scriveva San Paolo duemila anni fa. L'uomo puro, quando si mette in testa di raggiungere un fine nobile, non si preoccupa di rispettare pedissequamente l'ultimo comma dell'ultima norma. Magari elastica fino al pasticcio. Chi è spinto dall'ideale ha un metronomo diverso dal grigio travet. Semmai, strappa come un velista e forza verso la meta. L'uomo di frontiera, il visionario, va oltre le regole, ma (...)

(...) altra cosa è infrangere la legge come avrebbe fatto Mimmo Lucano, combinando matrimoni più improbabili di quelli visti in certi film comici, fra la clandestina e il vecchietto di turno o il povero disgraziato che manco conosceva il nome della futura moglie. E via elencando tutte le possibili sfumature nel grande ventaglio delle truffe. Roberto Saviano inneggia alla disobbedienza civile, ma non risulta che Gandhi si facesse intercettare come Lucano mentre complottava contro la legge che proprio lui, il sindaco, avrebbe dovuto far rispettare. Il profeta dell'indipendenza incitava gli indiani alla luce del sole e andò in galera per le sue idee rivoluzionarie, non per aver fatto il gioco delle tre carte con le fedi nuziali. I paragoni arditi sono ponti spettacolari ma faticano a stare in piedi. Si possono scomodare i santi ma è un azzardo. Anche don Carlo Gnocchi, il «papà» dei mutilatini, quando decise in punto di morte di donare le cornee, mise nei guai i suoi collaboratori che furono pedinati dalla polizia e rischiarono l'arresto. Ma anche il gip di Locri, che pure ha buttato nel cestino gran parte di «un'inchiesta maldestra», parla di «diffuse e gravi irregolarità» e di una «gestione tutt'altro che trasparente» del progetto di integrazione. «Se queste leggi sono balorde - dice Lucano spiato dalle cimici - io ci vado contro». Ma ergersi a giustiziere della legge, a «fuorilegge» come lui si proclamava nelle intercettazioni, è esercizio acrobatico e molto pericoloso. Si rischia di precipitare giù, insieme al filo dei propri intrecci. Non è forse più «balordo» tramare, come a sentire gli investigatori Lucano, per far sposare la fidanzata etiope, con il fratello di lei, in un perverso intruglio buonista? C'è qualcosa che stride ben oltre i confini del codice penale. L'albero si riconosce dai frutti. Se Riace, come molti sostengono, è un modello virtuoso, sopravviverà a questa bufera. Ma se il sistema Riace, come scrive il giudice, era scalcinato, se ci sono stati «comportamenti di estrema superficialità e diffuso malcostume», allora si deve intervenire. Non si tratta di demonizzare, ma nemmeno di piazzare aureole facili. Ad occhi chiusi. Non piantiamo bandierine come si fa con il toro nell'arena. Troppa enfasi rischia di nuocere al sindaco e al suo esperimento sociale che ha rivitalizzato un borgo spento, famoso solo perché associato ai celeberrimi Bronzi, ma beatificato con fretta sospetta dai suoi adulatori.

Stefano Zurlo

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