Cronache

Scomunicato il don anti-tumori. Ma lui resiste: "Non mi dimetto"

La battaglia del prete contro i tumori. Il vescovo lo vuole cacciare ma lui disobbedisce agli ordini e risponde: "Eccellenza, non mi dimetto"

Scomunicato il don anti-tumori. Ma lui resiste: "Non mi dimetto"

"Dicono che mi occupo più dei morti che dei vivi, che trascuro le confraternite. Ma le pare che mi si può cacciar via per questo?". Lo dice a Repubblica don Palmiro Prisutto, sacerdote di Augusta (Siracusa) che da tempo denuncia l'inquinamento dell'area sede di numerose raffinerie. "Sì, è vero", conferma il parroco: "L'arcivescovo, monsignor Pappalardo, mi ha chiesto di dimettermi, ma io non ho nessuna intenzione di farlo". "Da tre anni, da quando sono parroco della Chiesa madre, ogni ultima domenica del mese a Messa leggo i nomi di tutte le vittime di tumore nel mio territorio, 40 chilometri con 12 insediamenti industriali tra centrali termoelettriche, raffinerie, cementifici, inceneritori", sottolinea. Quei nomi, don Palmiro, li ha scoperti parlando con gli impresari di pompe funebri e quell'elenco si è trasformato in un rosario di 200, 400, 800 nomi, diventando il vessillo di una battaglia anti tumore condotta all'ombra di una parola che il sacerdote non ha paura a pronunciare: "Genocidio".

Ora il vescovo lo vuole cacciare, ufficialmente per non aver saputo tenere i rapporti con le confraternite locali, che gli rimproverano l'eccessivo attivismo ambientale a discapito di un'attenzione spirituale nei loro confronti. Ma se da un lato il don "ambientalista" non piace al vescovo, incassa invece la solidarietà del sindaco, Cettina Di Pietro del M5S, di centinaia di cittadini che dopo aver aperto gruppi di sostegno su Facebook hanno organizzato domenica un flash mob davanti la Chiesa Madre e persino gli attestati di collaborazione del procuratore della Repubblica: "Grazie a lui abbiamo avviato numerose indagini tuttora in corso".

"Intendo portare la mia battaglia fuori dalla Chiesa visto che non so se potrò impegnarmi per il futuro", ha poi aggiunto don Palmiro. "Quando io sono arrivato qui le famiglie non dichiaravano neanche che i loro cari morivano per tumore. Vinceva la paura, la paura di perdere il lavoro perchè qui quelle industrie danno lavoro e morte. Io ho saputo solo dagli impresari delle pompe funebri che centinaia di quei morti erano giovani vittime di tumore. Ho cominciato a dire alle famiglie che i loro morti non erano fantasmi e ho cominciato a chiamarli per nome. Così è nata l'idea di quell'elenco che adesso ho racchiuso in una sorta di tabella toponomastica che ho donato al sindaco Cettina Di Pietro perchè la affigga in una pubblica piazza. Adesso sto pensando ad una iniziativa nuova, tipo le mamme di Plaza de Maya.

Voglio far uscire allo scoperto chi deve", conclude don Palmiro.

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