Cronache

Due bombe esplose in 20 giorni: quando la camorra entra in guerra nella provincia dimenticata

Nella notte l'esplosione di un ordigno e di colpi d'arma da fuoco. La faida di camorra che continua nel silenzio in provincia di Napoli

Bomba esplosa fuori casa del boss
Bomba esplosa fuori casa del boss

Il boato si è sentito a chilometri di distanza. Forte. Quasi da infrangere i vetri. Una bomba carta era esplosa nel centro storico di Brusciano. La seconda in venti giorni nel piccolo comune situato in provincia di Napoli. È l’ultimo atto di una faida di camorra che si sta combattendo a suon di spari e scoppi. Ma nessuno vede, nessuno sente. Una guerra che sta passando sotto silenzio, nonostante i rumori, la polvere da sparo e il sangue che macchia l’asfalto. L'altro ieri il fragore si è sentito intorno alle 23. L’ordigno era stato piazzato davanti all’abitazione del fratello di colui che è ritenuto il boss del paese, Tommaso Rega. A parte i danni all’infisso, nessuno è rimasto ferito. Normalmente, in quella zona sono poche le auto che transitano a quell’ora, quando persone in strada difficilmente se ne vedono. Sono quasi tutti barricati in casa. Dopo poco, altri botti: dei colpi d’arma da fuoco (a salve) erano stati sparati contro un’altra abitazione nella parte opposta della città, dove si ergono le palazzine del rione popolare della “219”. Lì trova dimora il gruppo malavitoso opposto, formato da un manipolo di ragazzi che ruotano intorno a una famiglia di pregiudicati, il cui capo è detenuto. Due azioni criminose in pochi minuti, che sembrerebbero un botta e risposta. Stanno provando a chiarirlo i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna, accorsi sul posto nella notte tra mercoledì e giovedì. I militari, guidati dal capitano Tommaso Angelone, hanno eseguito i rilievi e controllato vari soggetti noti. Nel corso delle ispezioni hanno scovato 118 confezioni di marijuana e 11 dosi di cocaina, materiale per il confezionamento e appunti scritti a mano, verosimilmente inerenti attività di spaccio. Per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio è stato arrestato un 27enne, Marco Iannucci, già noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti penali per droga e reati contro il patrimonio. È stato sottoposto ai domiciliari in attesa del rito direttissimo.

Ieri mattina il popolo vociferava, si domanda, chiedeva. Chi si incontrava per strada ne parlava. Molto sottovoce. Nella parte vecchia del paese, nella strada dove è scoppiato l’ultimo ordigno, alla domanda “Mi sa indicare dove è esplosa la bomba?”, la risposta era sempre la stessa: un “non lo so” e gli occhi spalancati. Vivono nel terrore gli abitanti di Brusciano, e la paura rafforza quel muro di omertà contro cui ogni volta devono scontrarsi gli investigatori. “Io non ti ho detto niente, mi raccomando. Io non c’entro”. Continuava a ripetere impacciato un passante, balbettando e guardandosi intorno, mentre qualche goccia di sudore iniziava a scivolargli sulla fronte. Per strada il silenzio era spettrale in via Amendola. La chiesetta vicina aveva le porte spalancate, ma all’interno non c’era nessuno. Delle massaie rientravano con le buste della spesa, altre facevano capolino da balconi e finestre. La vita era ritornata alla normalità, dopo una notte movimentata. Secondo quanto appurato dai carabinieri, gli attentatori avevano il volto travisato. Gli inquirenti ipotizzano che il loro intento fosse intimidatorio. L’episodio segue quello di 19 giorni fa, quando una bomba carta deflagrò all’esterno della casa del capoclan dei Rega. Era sabato, più o meno l’orologio segnava le 22,00. Nonostante la confusione del sabato sera, veicoli che passavano, uomini che bivaccavano fuori ai baretti e i ragazzini che passeggiavano nei dintorni, qualcuno era riuscito a posizionare l'ordigno e a scappare via. Un mese prima (il 2 settembre scorso) era stato gambizzato colui che è ritenuto il braccio destra di Rega: era stato raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco nella notte, mentre si trovava fuori casa. Fino a quel momento la guerra sembrava essersi sopita, dopo mesi di tensioni sfociate in agguati armati - anche in pieno giorno e tra la gente - che non hanno fatto registrare morti, ma feriti ritenuti vicini all’una e all’altra fazione criminale. Dopo la tregua estiva, a quanto pare, i clan hanno ripreso ad attaccarsi.

Sullo sfondo: una città inerte e una politica silente e inetta.

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