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Le due fortune di Salvini

Nella vita per avere successo bisogna essere certamente bravi, ma pure fortunati. Matteo Salvini è entrambe le cose, in queste ore più fortunato che bravo

Le due fortune di Salvini

Nella vita per avere successo bisogna essere certamente bravi, ma pure fortunati. Matteo Salvini è entrambe le cose, in queste ore più fortunato che bravo. La sua fortuna è avere addosso la magistratura, cosa che gli offre il destro di risolvere un paio di problemi altrimenti difficilmente districabili.

Il primo problema sarebbe stato come spiegare che tutti gli immigrati prima salvati e poi sbarcati contro il suo volere dalla nave Diciotti se ne staranno tranquillamente in Italia serviti e riveriti di tutto punto. E questo imbarazzo - come abbiamo già sostenuto - glielo hanno risolto i magistrati che lo hanno indagato per una sfilza di reati, a partire dal sequestro di persona, che prevedono pene fino a trent'anni di carcere. Cosa talmente ridicola da trasformare il fallimento del ministro in un martirio acchiappa-consensi.

Il secondo problema che Salvini ha è il seguente: visto il fallimentare bilancio dell'alleanza con i Cinquestelle, come diventare leader riconosciuto di tutto il centrodestra senza fare gli errori del passato (scalate ostili a Forza Italia) e senza avviare il mercato dei parlamentari e governare con i voltagabbana? Quesito di non facile soluzione perché il marchio Lega in questo momento tira, ma per storia e tradizione non potrà mai inglobare completamente e definitivamente i politici e gli elettori più moderati di Forza Italia, né quelli più radicali di Fratelli d'Italia. Ci vorrebbe un nuovo contenitore, ma vallo a spiegare ai leghisti duri e puri che gli sciogli il partito sul più bello. Non può funzionare.

Ed ecco il colpo di fortuna. Tra pochi giorni la magistratura (in Italia la madre dei cretini è sempre incinta e quella dei magistrati è tra le più attive) potrebbe decidere di sequestrare tutti i beni - presenti e futuri - della Lega per i casini combinati ai tempi di Bossi. Senza soldi non si vive, quindi si deve chiudere bottega (come annunciato ieri da Giorgetti, braccio destro di Salvini) ma se ne riapre subito un'altra con nuovo nome e nuove insegne, vergine sia dal punto di vista giudiziario sia politico. Una variante del predellino con cui Berlusconi nel 2007 fuse - inventando il Pdl - Forza Italia, An e cespugli vari. Da quel restyling la Lega rimase fuori, e con il senno di poi fece bene: il nuovo partito funzionò alla grande nelle urne ma, siamo sinceri, fallì la prova di governo soprattutto per colpa di Gianfranco Fini.

Per sviluppare il suo progetto, Salvini deve quindi sperare che i giudici non cambino idea all'ultimo e non grazino una Lega che ormai sta stretta al suo leader. Morta una Lega se ne fa un'altra, il che però non vuole automaticamente dire che morto un centrodestra ne rinascerà un altro.

Fare i conti senza l'oste (Silvio Berlusconi e Forza Italia) è sempre un azzardo.

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