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Duro colpo a Messina Denaro: decapitati i vertici della cosca, arrestatia la sorella del boss

Le famiglie di Castelvetrano e Campobello di Mazara controllavano le attività economiche e imprenditoriali del Trapanese. Gli inquirenti: "La sorella era il raccordo con i mafiosi detenuti"

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Un’importante operazione congiunta di polizia, carabinieri, Guardia di Finanza e Dia ha duramente colpito il clan di Matteo Messina Denaro. Nella provincia di Trapani sono, infatti scattate le manette per trenta esponenti di spicco del sodalizio capeggiato dal super ricercato. Con le accuse di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, intestazione fittizia di beni ed estorsione, il provvedimento emesso su richiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo colpisce le famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara che, ormai da anni, controllavano le attività economiche e imprenditoriali del Trapanese, con un occhio di riguardo al settore dell’edilizia. Tra gli arrestati anche Patrizia Messina Denaro che, secondo gli inquirenti, smistava gli del fratello latitante.

"Le indagini hanno confermato il ruolo dirigenziale tuttora rivestito da Messina Denaro all’interno del mandamento e nella provincia mafiosa", spiega la polizia che ha individuato nel boss latitante "la funzione di direzione tra le varie articolazioni dell’organizzazione e di collegamento con le altre strutture provinciali di Cosa Nostra". Da anni il clan esercitava un controllo capillare sulle attività della provincia di Trapani. L'organizzazione era in grado di monitorare costantemente le opere di maggiore rilevanza del territorio intervenendo con una fitta rete di società controllate in modo diretto o indiretto da imprenditori mafiosi ed elementi di spicco di Cosa nostra. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Maria Teresa Principato e dai sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella, hanno permesso anche di appurare la diffusa pressione estorsiva esercitata sul territorio ai danni non solo di imprese, ma anche di privati, "rei" di aver ereditato una rilevante somma di denaro. In particolare proprio la sorella 43enne del boss latitante avrebbe estorto 70mila euro a una donna. Soldi che la donna aveva ereditato dopo il decesso della madrina di battesimo della stessa sorella del padrino di Castelvetrano. Secondo i magistrati, Patrizia Messina Denaro era, insieme al marito Vincenzo Panicola (già in cella da diverso tempo), la vera centrale di snodo tra il fratello e il resto dell’organizzazione. L'operazione "Eden" ha coinvolto anche altri parenti della "primula rossa" trapanese: il nipote Francesco "Ciccio" Guttadauro e i cugini Giovanni Filardo, Cimarosa Lorenzo e Mario Messina Denaro. Filardo era già stato arrestato nell’operazione "Golem II" del 2010, ma il mese scorso era stato assolto dalle accuse. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è contestato, invece, a Aldo Roberto Licata, candidato alle ultime elezioni politiche nella lista Grande Sud-Mpa e non eletto.

Gli affari venivano gestiti direttamente dai parenti. Nelle indagini è, infatti, emersa "la contiguità e il ruolo di responsabilità decisionale raggiunto in seno al sodalizio mafioso da Patrizia Messina Denaro e da Francesco Guttadauro, rispettivamente sorella e nipote del ricercato".

Affari che consistevano soprattutto in "un articolato circuito imprenditoriale, che assicurava di fatto il controllo quasi monopolistico nel settore dell’edilizia e relativo indotto, mediante la gestione e la realizzazione di importanti commesse, tra cui opere di completamento di aree industriali, parchi eolici, strade pubbliche e ristoranti".

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