Cronache

"Erare è propio umano": sette italiani su dieci bocciati in grammatica

Secondo una indagine, non solo leggiamo poco ma siamo anche incapaci di scrivere

"Erare è propio umano": sette italiani su dieci bocciati in grammatica

Roma Sarà che hanno più autonomia, sarà che sono obbligati a cavarsela da soli, a darsi una svegliata in tempi rapidi. Sta di fatto che i ragazzi di terza media con la madre impegnata al lavoro sembra rendano molto di più rispetto ai compagni con la genitrice casalinga. Morale della favola? Il rapporto tra un bambino e una mamma impegnata (e magari realizzata) nel suo lavoro è più stimolante rispetto all`amichetto che ha alle costole una casalinga.
Il dato emerge dai test «Invalsi 2015/2016» sulle competenze in lettura e matematica, che consentono di discriminare i risultati anche in base alla situazione lavorativa dei genitori. E sorprende non poco, visto che nell`immaginario collettivo una mamma in pianta stabile a casa dovrebbe rappresentare una garanzia per il rendimento scolastico degli alunni. Soprattutto di quelli meno dotati o semplicemente scansafatiche. Invece i numeri dicono l`esatto contrario. In italiano, il punteggio medio (normalizzato e corretto dall`istituto di via Ippolito Nievo) degli alunni di terza media che possono affidare le proprie angosce scolastiche alla mamma casalinga sfiora i 58 punti, contro una media nazionale che si attesta sui 61 punti e i 63,7 dei figli che aspettano il ritorno a casa dei genitori dopo una lunga giornata di lavoro. Tra i primi e gli ultimi la differenza di punteggio è del 10% a favore delle genitrici che lavorano. Stesso discorso in matematica: 47,5 punti per gli studenti con mamma non lavoratrice per scelta, quasi 51 come media nazionale e 54 punti per i figli delle donne che lavorano. Con un divario che sfiora il 15%. Un trend confermato anche quando a rimanere a casa è il papà, ma parliamo di 1.850 casi su 524mila.
Dunque sarebbe ora di abbandonare tutti quei sensi di colpa tipici delle donne che ogni giorno fanno salti mortali per riuscire a conciliare carriera, famiglia e figli. Non sempre il troppo accudimento porta risultati positivi: spesso il dover sopperire una mancanza fa ingegnare i ragazzi a trovare soluzioni, a sforzarsi, a sapersela cavare. C`è di più. Secondo alcuni pedagogisti, le mamme lavoratrici sono anche più soddisfatte e, anche se stanche, al ritorno dal lavoro giocano con i figli quando sono più piccoli e contribuiscono alla costruzione di quelle interazioni con gli adulti che parecchi studi internazionali considerano alla base di solide competenze linguistiche.


In altre parole a fare la differenza non è la quantità del tempo trascorso con i figli ma la qualità.

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