Cronaca nera

Erika e la sua nuova vita. Ma a Novi Ligure molti non dimenticano l’orrore compiuto

Il padre, nonostante tutto, è stato sempre vicino ad Erika. Ma nel paese molti non capiscono che possa aver perdonato la responsabile di un atroce massacro

Erika e la sua nuova vita. Ma a Novi Ligure molti non dimenticano l’orrore compiuto

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Si può perdonare una figlia che, per oscuri motivi, ha massacrato con 97 coltellate due innocenti, tra cui un bambino? La risposta sembra facile: è impossibile. Eppure, l’amore di un padre è più forte di tutto. Anche del disprezzo che umanamente si può verso quella ragazza, oggi una donna sposata, che la sera del 21 febbraio del 2001 insieme al suo fidanzato dell’epoca nella villetta di Novi Ligure ha compiuto un crimine spietato ed agghiacciante, reso ancor più orrendo dal fatto che le vittime erano la mamma e suo fratello di appena 11 anni.

Il papà “buono e misericordioso” è l'ingegner Francesco De Nardo, genitore di Erika. Lui, nonostante tutto, è stato sempre al fianco della figlia. Anche quando la verità, terribile e drammatica, era venuta a galla. In paese, però non tutti sembrano apprezzare il comportamento tenuto dall’uomo, spinto dall’amore e da una sorta di senso del dovere nel continuare a vegliare su quella figlia che si è resa responsabile di un qualcosa di così folle che è anche difficile anche da raccontare.

Qualcuno a Novi Ligure, però, cerca di capire Francesco. La proprietaria di una trattoria ha raccontato al Corriere della Sera che “gli altri non capiscono come abbia potuto perdonarla, io sì. Lui è un uomo straordinario". Posizione quasi isolata, la sua. Perché gli altri concittadini il suo comportamento sfocia quasi in uno scandalo.

Erika ha scontato dieci dei sedici anni ai quali è stata condannata in via definitiva nel 2003 dalla Corte di Cassazione, oltre ai mesi di affidamento alla Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi. Ma la vicenda con il dolore e l’orrore che l’hanno accompagnata non può essere sanata, neanche con mille anni di prigione. Molti sono rimasti senza parole nel vedere Erika mentre giocava a pallavolo con gli occhiali da sole in permesso premio dal carcere di Brescia o quando era al volante dell'auto della mamma.

In questi anni, la ragazza in carcere si era diplomata come perito geometra, e poi si era laureata con il massimo dei voti in Lettere e Filosofia. Un modo per rifarsi una vita. Quella che aveva tolto nel modo più spietato possibile alla mamma e a suo fratello. In questo periodo trascorso dietro le sbarre una delle persone più vicine a lei è stato Don Mazzi.

Il sacerdote una volta disse: “In futuro vorrebbe lavorare, sposarsi, avere figli. Ma non è ancora pronta per relazioni profonde. Ha momenti di serenità e di disagio, inquietudini, nervosismi. Sa di essere una bella ragazza. Ha una personalità forte. Ma no, non ha mai disubbidito”. Agli occhi del padre sembrano parole giuste. In quelli di altre persone, questi pensieri sembrano retorica e banalità: il sangue di innocenti non si può lavare con un titolo di studio.

Lo stesso Don Mazzi, che ieri ha compiuto 90 anni, intervistato da Oggi ha svelato nuovi particolari sulla vita di Erika:Si è sposata, ha maturato la giusta consapevolezza sulla tragedia, quella che permette di continuare a vivere. Il padre è stato molto importante in questo percorso”. Il sostegno del padre ha giocato un ruolo fondamentale nella vita dell’assassina, oggi 35enne.

Un genitore che non ha mai rinnegato l’amore per quella figlia che ha compiuto un massacro. Da capire. Così come è da capire la diffidenza della altre persone di Novi Ligure, e forse non solo, che non potranno mai dimenticare quanto Erika ha compiuto in quella fredda sera di febbraio del 2001 nella villetta dove abitava.

Anche questo è umanamente da comporndere.

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