Politica

"Un no allo ius soli". Il Giornale in campo con le firme dei lettori

Replichiamo all'appello in favore della legge di cento intellettuali promosso da Repubblica

"Un no allo ius soli". Il Giornale in campo con le firme dei lettori

Lo ius soli è una faccenda troppo seria per essere lasciata agli intellettuali. Per fare danni, bastano e avanzano i politici (i quali peraltro tentennano sempre di più: anche se per il Pd l'allargamento del diritto di cittadinanza resta una priorità, sembra ormai certo un rinvio della discussione al Senato). Ma così il cittadino rischia di non avere alcuna voce nella discussione. È anche per questo che il Giornale, da oggi, lancia un appello ai lettori - su ilgiornale.it, e-mail noiussoli@ilgiornale.it - chiedendo loro perché la legge sullo ius soli, così com'è concepita, è sbagliata.

A ognuno il suo pubblico e le sue ragioni. Ieri La Repubblica ha presentato sulle proprie pagine l'appello lanciato da cento intellettuali per dire sì allo ius soli, un'accorata richiesta, indirizzata al capo dello Stato Sergio Mattarella e ai presidenti di Camera e Senato, per sbloccare la legge. Di per sé una richiesta legittima, con un nobilissimo intento: quello di non escludere dalla vita civile del Paese gli 800mila bambini figli di immigrati nati sul suolo italiano. Sulla questione si può e si deve discutere. C'è chi è per il sì, chi per il no.

Ciò che invece (ci) lascia perplessi è da una parte lo slogan dell'iniziativa, dall'altra la lista dei firmatari. Partiamo dallo slogan. Recita: «Oggi la patria è dove trovi pace e rifugio». Ribaltando così, completamente, etimologia e senso della parola Patria, che significa «terra dei padri». A una Patria si appartiene non (solo) per nascita e lingua, ma (soprattutto) per cultura, storia, tradizioni, istituzioni, ideali... «La patria è dove ti puoi fermare» scrivono nella loro lettera aperta i cento intellettuali, estendendo allo ius soli lo stesso equivoco concetto di accoglienza, senza «se» e senza «ma», applicato agli sbarchi. In tutti i più antichi codici della storia, dicono, il profugo così come lo straniero è sacro. Vero. Lo è anche nei miti e nelle religioni. Lo straniero è sacro e viene sempre accolto. Se è solo. Se il flusso di stranieri è fuori controllo si chiama invasione. E diventa una minaccia.

Secondo problema. Il dubbio non (ce) lo fa venire l'appello in sé, criticabile ma legittimo. Ma la credibilità dei firmatari. Si chiamano Paolo Flores d'Arcais, Gad Lerner, Furio Colombo. Natalia Aspesi: straordinaria e bravissima collega che abita in un appartamento zona piazza Vetra a Milano con vista sulla Torre Velasca, le poltroncine di Frank Lloyd Wright firmate Cassini, librerie ottocentesche e la carta da parati William Morris. Accoglierebbe chiunque, certo. Ma sul suolo di qualcun altro. Per non rovinare il parquet di rovere di casa sua.

Michela Murgia, Sandro Veronesi, Silvia Ronchey, Inge Feltrinelli... Ci viene in mente, per pura associazione di ideologia, il catalogo umano dei vacanzieri di Capalbio (ma a Portofino è accaduta la stessa cosa) che sono sì per accogliere i migranti. Sempre e ovunque. Tranne sulla loro spiaggia. «Sì, li accettiamo. Basta che non siano troppi e troppo visibili». Siamo alla periferia dell'ipocritamente corretto. C'è da capirli. Loro sono l'élite. Gli altri sono il popolo. E infatti: basta leggere le reazioni all'«appello dei cento» pubblicato su Repubblica.it. Ieri sera su 60 commenti, 58 erano ferocemente contrari. Meglio lasciare gli intellettuali ai loro (immaginabili) «distinguo». Intanto il Giornale, da oggi, lancia il controappello ai suoi lettori. Vale la pena di ascoltarli.

La Patria è anche loro.

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