Mondo

Filippine, rapito un italiano L'ombra del terrore islamista

Rolando Del Torchio, ex missionario di 56 anni, varesino, è stato prelevato con la forza da un commando. Era al lavoro nella sua pizzeria a Dipolog, zona di separatisti islamici

Filippine, rapito un italiano L'ombra del terrore islamista

La principale speranza è che il rapimento non sia opera dei terroristi di Abu Sayyaf. O di qualche gruppo criminale pronto a rivendersi l'italiano Rolando Del Torchio alla formazione islamista che nelle Filippine ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. La preoccupazione però c'é. Anche perché non più tardi dello scorso maggio il portavoce della polizia regionale ispettore Dhlan Samuddin aveva lanciato un allarme spiegando che i terroristi di Abu Sayyaf - e le bande di sequestratori a loro collegate - preparavano una serie di rapimenti proprio a Dipolog, la cittadina dove ieri sera è stato rapito il nostro connazionale. Una cittadina dove il 22 settembre sono stati già sequestrati - con modalità simili a quelle dell'italiano - i canadesi John Ridsdel e Robert Hall e il norvegese Kjartan Sekkingstad.

Il rapimento del nostro connazionale prende il via nel tardo pomeriggio quando sette uomini armati entrano all'«Ur Choice Cafè», la pizzeria aperta in questa località dell'isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, dal 56enne Rolando del Torchio, originario di Angera, nel Varesotto. Stando ai resoconti della polizia, il sequestro si consuma in pochi minuti. Sopraffatto dai sette uomini armati Rolando del Torchio viene spinto a forza su un'automobile. La fuga via terra dura solo pochi minuti. Giusto il tempo di raggiungere un pontile dove il gruppo trasferisce la sua preda su un motoscafo. A quel punto l'imbarcazione punta a tutta velocità verso qualche isolato villaggio dove Del Torchio viene nascosto, come capita in queste occasioni, in una anonima capanna. A questo punto non resta quindi che aspettare. I sequestri nelle Filippine seguono una procedura lenta e complessa. Soprattutto quando si tratta di stranieri. E ancor di più quando di mezzo c'è Abu Sayyaf.

La Farnesina per ora si limita ai consueti laconici comunicati confermando «il sequestro di Rolando Del Torchio, prelevato da ignoti nel suo ristorante nel sud delle Filippine» e spiegando che sono «già stati attivati gli opportuni canali». La possibilità di un coinvolgimento di Abu Sayyaf è ovviamente assai inquietante. A preoccupare, oltre alle decapitazioni di ostaggi messe a segno in passato dal gruppo, è l'affiliazione allo Stato islamico annunciata nel luglio 2014 dal leader dell'organizzazione Isnilon Totoni Hapilo. Anche perché a fine settembre lo Stato Islamico ha rivendicato l'uccisione di un nostro connazionale nel Bangladesh.

Ad aumentare il nervosismo contribuisce il passato di Del Torchio arrivato in quest'isola come missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere nel 1988. Una vocazione abbandonata 11 anni più tardi quando il missionario annuncia di voler mettere fine alle attività religiose e rinuncia agli abiti talari per indossare quelli di cuoco e ristoratore. Alla crisi religiosa del missionario avrebbe contribuito, stando alla stampa filippina, la delusione per lo scarso impegno dimostrato dalle autorità ecclesiastiche nel contrastare una piaga della pedofilia che ha toccato anche la chiesa di Manila e dintorni. Proprio quel passato di missionario e predicatore della fede cristiana potrebbe però rendere più complesso il sequestro. Come ricordava ieri Andrea del Torchio, fratello del sequestrato, «Rolando era già scampato ad un attentato una quindicina di anni fa, quando alcune persone avevano sparato contro di lui mentre si trovava insieme al vescovo locale». Quella volta come ha spiegato Andrea Del Torchio - «erano riusciti a salvarsi rifugiandosi sotto i letti, ma Rolando era rimasto traumatizzato.

Si tratta di posti pericolosi, ma lui - ha aggiunto il fratello li ama nonostante la situazione difficile».

Commenti