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La foreign fighter Meriem: "Non vedo l’ora di tagliare teste anch’io"

La procura di Venezia ha spiccato un mandato d'arresto per Meriem Rehaily, la foreing figther italo-marocchina che potrebbe tornare in Italia per compiere attentati

La foreign fighter Meriem: "Non vedo l’ora di tagliare teste anch’io"

“Dio, ho promesso il mio pegno di fedeltà e lo rinnovo per il principe dei fedeli, il mio Cheick Abu Bakr al-Baghdadi”. Il giuramento al Califfato di Meriem Rehaily, una studentessa padovana, arriva il 13 luglio 2015 alle 3 di notte via Twitter.

Il giorno dopo Meriem diventa una foreing fighter e scappa dalla sua casa di Arzegrande per andare a combattere in Siria partendo da Bologna con un aereo diretto verso la sua prima tappa Istanbul, in Turchia. È questa la ricostruzione dell’indagine compiuta dai Ros di Padova che, coordinata dal procuratore Antiterrorismo di Venezia, Adelchi d’Ippolito, e dalla sostituta Francesca Crupi, che si è conclusa con un mandato di arresto. L’ipotesi degli inquirenti è Meriem abbia deciso di cambiare la sua vita passando dalle giornate passate in Nord Italia a bere sprizt con le amiche all’arruolamento nella brigata «Al Khansaa», formata da sole donne, soprattutto europee e russe, addestrate per l’uso di armi ed esplosivi per verificare che le donne rispettino la sharia.

I segnali di un cambiamento di mentalità, racconta il Corriere della Sera, erano stati già evidenziati da un insegnante che si era preoccupata dopo aver letto un suo tema in cui Meriem scriveva: “I nemici sionisti credono di portarci lontano dall’Islam. (...) dobbiamo rispettare la nostra religione anche a costo di morire (io ho sempre sognato una morte del genere), allevando i nostri figli secondo l’Islam, renderli pronti per il loro ruolo nella lotta!”. La ragazza, inoltre, aveva inviato a un’amica aveva l’immagine di una decapitazione con questo commento: “Non puoi immaginare quanto ho goduto ieri, non vedo l’ora di piegare uno e togliergli la testa”. Arrivata in Siria, Meriem ha inviato un sms alla madre: “Scusa cara mamma, ci vediamo in Paradiso”, mentre a un’amica aveva scritto: “Qui c’è quello che ho sempre sognato. Se mi chiamate terrorista ne vado fiera”. Raccontava di essere “ospitata in una casa di sole donne, dove si studia il Corano e le armi”. Nell’ultima telefonata avuta col padre, la ragazza piangeva ma non era pentita. “La guerra non c’è, credimi: c’è per loro”, diceva.

Ora il giudice teme che possa tornare per “compiere o azioni kamikaze anche in Italia e in particolare a Roma”.

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