Bruxelles sotto attacco

"Io, funzionario Ue scampato alla morte, sognavo un'Europa diversa"

Intervista a un dipendente italiano della Commissione Europea che, al contrario della collega Patricia Rizzo data per dispersa, è stato graziato dal destino: "Stavo uscendo di casa, quando i miei familiari mi hanno telefonato per dirmi dell'attentato alla fermata metropolitana di Maelbeek, dove scendo ogni mattina per recarmi in ufficio. Speravo in ben altra Unione"

"Io, funzionario Ue scampato alla morte, sognavo un'Europa diversa"

BRUXELLES - E poi c'è chi come Angelo Raimondi, italiano trapiantato da tre anni nella capitale fiamminga, deve continuare a fare il suo lavoro al pari di tanti emigrati in Belgio: la vita va avanti per chi è sopravvissuto alle vigliaccherie jihadiste.

Angelo è stato risparmiato dalla furia di Allah grazie agli aggiornamenti tempestivi ricevuti dai suoi familiari in Italia. Altrimenti alle nove avrebbe preso la metro del terrore, sarebbe sceso come ogni mattina alla fermata di Maelbeek e oggi, forse, non sarebbe qui a raccontarci di questi giorni di coprifuoco nel cuore sanguinante della Ue, lui che nella Ue ci è dentro fino al nodo della cravatta. Angelo, infatti, è un funzionario della Commissione Europea. Si occupa di politiche sociali e lavoro. E il 22 marzo si è visto crollare lì a due passi la torre di Babele, l'illusione della (dis)Unione. Angelo è vivo. La collega Patricia Rizzo, anche lei italiana e impiegata presso la Commissione, è invece data per dispersa tra le macerie di Maelbeek. Patricia su quel treno ci era salita. Destini tanto simili quanto opposti.

Angelo, se tu fossi andato in ufficio te la saresti vista brutta.
"Sì. Mi hanno chiamato i miei parenti dall'Italia, che stavano guardando il tg, per avvisarmi di quanto stava accadendo qui a Bruxelles. Così mi sono trattenuto un po' di più per seguire gli eventi su Internet e alla televisione. Appena ho saputo dell'attentato a Maelbeek, ho preferito restare a casa".

Fatalità?

"Fatalità, ma anche informazione. La stessa Commissione Europea ci ha informato dell'evolversi dei fatti in tempo reale via sms".

Quanto dista la sede della Commissione Europea dalla fermata metropolitana di Maelbeek?

"A un paio di isolati".

E tu in che zona di Bruxelles vivi?
"In una zona tranquilla nel sud della città, lontano dai quartieri 'caldi'".

Nella giornata degli attentati a quali disposizioni si sono dovuti attenere i tuoi colleghi?
"Sono stati invitati a rimanere in ufficio. Verso le 16 è stato possibile uscire, raccomandando di farlo in maniera scaglionata, dando precedenza ai colleghi che dovevano andare a recuperare i figli nelle scuole".

Che atmosfera si respira nel tuo quartiere? E in zona istituzioni?
"Assoluta calma dalle mie parti. Tutto apparentemente normale nel quartiere europeo. E sottolineo "apparentemente" perché sembrava che le misure di sicurezza prese a novembre dopo le stragi di Parigi fossero più drastiche. Questa percezione è condivisa anche da diversi miei conoscenti. Invece il livello di allerta, che era già alto, non si è rivelato efficace".

Come si affronta la paura quotidiana in una città sotto attacco?
"L'apprensione la si combatte in maniera razionale, restando prudenti e anche un po' fatalisti. Sono la delusione, la tristezza e il senso di impotenza che rendono il quotidiano più gravoso".

Da funzionario della Commissione Europea, cosa ne pensi di questa Europa?
"Non è certo la speranza di Europa che ogni cittadino europeo, funzionario o meno, ha in mente".

La presenza musulmana è forte a Bruxelles?
"Non sono un sociologo e non vivo nei quartieri sospetti, ma in questi primi tre anni a Bruxelles ho avuto l'impressione che quella fetta di comunità islamica che voi media chiamate moderata sia integrata e accettata. D'altronde a Bruxelles nessuno è straniero".

Però ti senti in pericolo lo stesso.
"In pericolo no. Ma certamente mi sento ferito nello spirito".

Domani vai al lavoro in metro?
"No, sono prudente ed eviterò la metro per qualche giorno. Poi però tornerò a riprenderla, inevitabilmente. E' il mio dovere".

(per motivi di privacy abbiamo utilizzato "Angelo Raimondi" come nome e cognome di fantasia, ndr)

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