Cronache

Il futuro delle Alpi: dalla Grande Guerra al Terzo Millennio

Ad intervenire saranno analisti politici, docenti universitari, scrittori e giornalisti, esperti di montagna nelle sue varie accezioni

Il futuro delle Alpi: dalla Grande Guerra al Terzo Millennio

C’è futuro per le montagne italiane? La speranza, almeno, non manca. Anzi, “La speranza divampa”: è questo il titolo del convegno organizzato dal think tank Il Nodo di Gordio, dal Centro studi Vox Populi e dall'Uomo Libero ONLUS a Levico Terme (Trento), per il pomeriggio del 7 ottobre presso il forte Colle delle Benne. Un futuro delle Alpi che, come spiega il titolo del convegno, spazia dalla Grande Guerra al Terzo Millennio. Ad intervenire saranno analisti politici, docenti universitari, scrittori e giornalisti, esperti di montagna nelle sue varie accezioni. Perché il futuro delle Alpi è il futuro stesso dell’Europa. Non più territori di confine ma territori di incontro, di confronto. Con lingue diverse ma con un sentire comune, con problemi simili, con risposte analoghe. Una montagna che non si differenzia sullo spartiacque ma che evidenzia le diversità con la pianura, con le grandi città. Paradigma dell’importanza di tutelare le peculiarità, le radici, la tipicità, l’autenticità. Una montagna in grado di rappresentare nuove sintesi e di offrire nuovi modelli di sviluppo, anche economico.

L’evento di Levico Terme che gode di prestigiosi patrocini sarà completato da altre iniziative culturali, con l’esposizione di opere di artisti di alto livello come Carlo Girardi, Paolo Vivian e Mario Romano Ricci, e con il concerto del Coro Costalta di Baselga di Piné.

Speranza divamap

Le montagne in generale, le nostre Alpi in particolare hanno sempre rappresentato non tanto un “limes”, un confine, una barriera insuperabile, quanto piuttosto un luogo di passaggio di popoli, di incontri fra culture, lingue, tradizioni. Al punto che si può affermare che esiste una vera e propria “civiltà delle Alpi” sintesi, originale e possente, di diverse influenze, eppure dotata di una sua notevole originalità. Una civiltà che viene da lontano, da epoche remote, e che ha avuto la capacità di serbare, come in uno scrigno magico, elementi di tradizioni che, altrove, sono andati dispersi e perduti. Una civiltà che si declina, certo, in diversi linguaggi, sfaccettata, poliedrica... eppure dotata di una sua profonda unità. Teatro ancora dal 1914 al 1918 di uno dei più tragici conflitti della storia – quella I Guerra Mondiale che non a caso fu definita “grande” e che taluni, giustamente, considerano la “I Guerra Civile europea” – oggi le nostre Montagne, troppo spesso ingiustamente dimenticate dal mondo politico e dai mass media, rappresentano una grande speranza per il futuro dell’Europa.

Un’Europa, però, non delle caste e delle burocrazie, ma dei Popoli, con le loro diversità, le loro peculiarità che non negano, tuttavia, la persistenza di un idem sentire, di una comune civiltà... che è poi, a ben vedere, il cuore profondo di tutta questa nostra Europa. Un luogo dell’anima, dunque, una fonte cui dovremo tornare ad attingere per meglio comprendere chi siamo e da dove veniamo. Se questo avverrà, allora davvero la Speranza tornerà a divampare.

Questo, dunque, l’obiettivo di un Convegno che vuole essere, in primo luogo, una riflessione a più voci, con il contributo di storici, letterati, economisti di diverse provenienze e formazione.

Un incontro tra uomini che parlano talora anche lingue diverse, ma che condividono l’emozione spirituale profonda davanti alla immutabile bellezza delle nostre Montagne.

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