Cronache

Garlasco, il pg alla Cassazione: "Non revocate la condanna per Stasi"

La Corte di Cassazione è oggi chiamata a valutare il ricorso presentato da Alberto Stasi contro la sua condanna in via definitiva per l'omicidio di Garlasco, il pg alla Cassazione chiede che venga respinto

Garlasco, il pg alla Cassazione: "Non revocate la condanna per Stasi"

È in corso l'udienza della prima sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata a decidere se accogliere o meno il ricorso straordinario presentato da Alberto Stasi contro la condanna a 16 anni inflittagli per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi a Garlasco nel 2007.

Nell'udienza a porte chiuse, il sostituto pg della Cassazione Roberto Aniello ha chiesto che non venga revocata la condanna a 16 anni inflitta in via definitiva all'ex studente della Bocconi ritenuto responsabile dell'omicidio della fidanzata, trovata morta nella sua casa di Garlasco la mattina del 13 agosto 2007.

Stasi e i suoi difensori hanno presentato un ricorso straordinario con cui si rilevano errori e vizi della sentenza emessa dalla Corte d'assise d'appello di Milano nel 2014, che condannò l'imputato dopo due assoluzioni pronunciate nei precedenti giudizi di merito.

Se la Cassazione dovesse accogliere i rilievi contenuti nel ricorso, Stasi, detenuto nel carcere milanese di Bollate, potrebbe anche tornare in libertà in attesa che si celebri un nuovo processo. Il verdetto della Suprema Corte, chiamata a valutare se i verdetti passati in giudicato contengano errori tali da riaprire il processo, è atteso tra stasera e domani.

Fu proprio la Cassazione, nel 2013, ad annullare l'assoluzione pronunciata nei confronti di Stasi nel primo processo d'appello rinviando gli atti ai giudici milanesi che, in sede di rinvio, dopo un'integrazione dell'istruttoria dibattimentale, sancirono la sua condanna a 16 anni di reclusione, poi confermata nel dicembre 2015 dalla Suprema Corte. Stasi si è sempre proclamato innocente.

Il ricorso di Stasi

Nel ricorso, che secondo il pg Aniello e i legali della famiglia Poggi va dichiarato inammissibile, la difesa di Stasi sottolinea la mancata audizione, in appello-bis, dei testimoni assunti come fonti di prova in primo grado e questo avrebbe portato a una sentenza "frutto di un processo non equo". Quel verdetto, dunque, va annullato, sostengono i difensori, e i suoi "effetti" sospesi col ritorno in libertà in attesa di una nuova decisione definitiva.

Sarebbero circa 20, secondo Stasi e i suoi legali, le prove che avrebbero dovuto essere riassunte in appello, quali le testimonianze dei periti "sul dna della vittima rinvenuto sui pedali della bicicletta in uso a Stasi", sugli "accertamenti scientifici svolti sul dispenser del sapone", "sulla collocazione temporale della morte di Chiara Poggi", sullo "stato di essiccazione del sangue in casa Poggi", sugli "accertamenti svolti sulle suole delle scarpe Lacoste in uso a Stasi, sulla "possibilità di rilasciare eventuali residui ematici sui tappetini dell'auto di Stasi".

Tra i testimoni da riconvocare, nel ricorso vengono citati i nomi della vicina di casa dei Poggi che raccontò di una bicicletta appoggiata al muretto fuori dalla villetta la mattina dell'omicidio, e del medico del 118 sui "primi accessi in casa Poggi e sullo stato di essiccazione del sangue".

La difesa richiama anche una pronuncia delle sezioni unite del 2016, con cui è stato sancito che "nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice d'appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio di assoluzione in primo grado".

"Siamo convinti della sua innocenza: sia la Corte d'assise d'appello che la Cassazione hanno violato i principi fissati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo", ha dichiarato il professor Angelo Giarda, difensore di Alberto Stasi, lasciando la Cassazione dopo aver discusso, in udienza a porte chiuse, il ricorso straordinario. "Vi è un errore di fatto" nella sentenza d'appello bis, sostiene il penalista, "in particolare sull'assunzione delle prove dichiarative".

La vicenda processuale

Nel dicembre 2015, la Cassazione rese definitiva la condanna a 16 anni inflitta all'imputato in sede di appello-bis: nei precedenti gradi di giudizio, Stasi era stato sempre assolto, finché, nel 2013, la Suprema Corte aveva annullato l'assoluzione disponendo un nuovo processo e un approfondimento dell'istruttoria dibattimentale.

Un caso, quello di Garlasco, che ha diviso fortemente l'opinione pubblica tra colpevolisti e innocentisti: anche il pg di Cassazione Oscar Cedrangolo, nella sua requisitoria all'ultimo processo, chiese con forza di annullare la condanna di Stasi, mentre i giudici, nel motivare la sentenza definitiva, scrissero che gli indizi, come "tessere di un mosaico", hanno "contribuito a creare un quadro di insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi, oltre ogni ragionevole dubbio".

Di recente l'omicidio di Chiara Poggi è stato oggetto di una nuova inchiesta, che ha visto iscritto nel registro degli indagati un amico del fratello della vittima: l'iscrizione è stata un "atto dovuto" conseguente al deposito da parte della difesa di Stasi di una perizia di parte su elementi genetici.

Questa indagine è stata archiviata nel giro di poche settimane.

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