Cronache

Giro di truffe a ricchi imprenditori di Roma su vendita case

La truffa è stata perpetrata a danno di ricchissimi imprenditori romani ai quali era detto di cogliere l'affare di vendere edifici anche storici per ottenere cospicui guadagni

Giro di truffe a ricchi imprenditori di Roma su vendita case

Sgominata una banda di truffatori che aveva preso di mira i ricchi imprenditori della Roma bene facendo credere di avere per le mani ricchi profitti dalle vendite immobiliari

Prendevano di mira un imprenditore che avesse proprietà, specialmente proprietà storiche e di valore in modo tale da convincerlo a vendere. La banda millantava conoscenze in tutto il mondo, conoscenze che erano intenzionate ad acquistare gli immobili degli imprenditori oppure semplicemente le opere d'arte. Prima di poter concludere l'affare però i ricchi romani dovevano sborsare un anticipo in modo da potersi accaparrare il miglior cliente, che chiaramente non arrivava mai e quindi spesso i membri della banda sparivano senza lasciar tracce.

Le conoscenze vantate arrivavano fino al mondo ecclesiastico, tanto che uno di loro vestiva tranquillamente le vesti vescovili e si recava dagli imprenditori elargendo benedizioni e dando consigli su come poter vivere in pace con il Signore. Successivamente, chiedeva soldi per poter consentire alle "pratiche di vendita" di essere accettate da fantomatici ecclesiastici interessati agli edifici storici.

La truffa della compravendita di immobili si aggira intorno ai 17 milioni di euro, senza contare che all'interno dell'abitazione di un pregiudicato romano è stato rinvenuto anche un kit di "black money scam" e contanti per 33mila euro.

Ora gli uomini dell'Arma stanno indagando per riuscire a capire se ci possano essere altre persone coinvolte, altri impenditori truffati dalla banda che lucrava sugli anticipi di fittizie vendite immobiliari e inventava un giro di clienti che in realtà non possedeva.

In tutto sono finite in manette sei persone e la banda è stata subito chiamata La Banda del Monsignore per gli abiti talari che un membro indossava concludendo addirittura i finti affari con tanto di benedizione vescovile.

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