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Ho sognato di fare il mantenuto a Cinque stelle

Ho sognato di fare il mantenuto a Cinque stelle

Lo confesso, sono un po' preoccupato. Da quando ricevo il reddito di cittadinanza non ho sgarrato neanche una volta sui lavori di pubblica utilità: mi sono presentato puntuale come un autobus in fiamme al mio posto di lavoro da pastore delle pecore tosaerba della sindaca Raggi. Non è un lavoro faticoso: l'unica rottura è riportarle all'ovile, ce n'è sempre qualcuna che sparisce nell'erba alta due metri (non la potano dal Grande Giorno del Cambiamento). Eppure sono un po' ansioso. Ho già rifiutato due lavori su tre. La prima offerta mi piaceva: ritwittatore di foto di Danilo Toninelli concentrato. Non male, ma la paga era bassina, tolti i 300 euro obbligatori da versare a Casaleggio. Io però ho capito dov'era la trappola: se avessi accettato avrei dovuto comprare un pc con il reddito di cittadinanza entrando in un negozio di elettronica, vietatissimo! La regola del governo gialloverde è chiara: in attesa di uscire dall'euro, bisogna uscire da Uniero. La seconda offerta era chiaramente una provocazione della ex Guardia di Finanza (ora Guardia di Cittadinanza): spiare la vicina di casa per capire come usa i suoi 780 euro mensili. L'ho capito, vogliono mandarmi un segnale. Quando la settimana scorsa gli agenti hanno sfondato la porta mentre stavo guardando in tv un film a noleggio mi sono preoccupato davvero. Pare che Giovannona coscialunga disonorata con onore sia tra i titoli messi al bando dal «Manuale delle spese immorali» di Luigi Di Maio. Per fortuna il mio medico di famiglia è un fan di Edwige Fenech e mi ha fatto un certificato che attesta l'effetto terapeutico della pellicola: «Rilassamento miocardico, regolazione della tensione arteriosa con conseguente incremento della capacità produttiva». Il dottore si è anche un po' allargato e ha consigliato una visione settimanale obbligatoria, sostenendo che aumenterebbe il Pil e quindi si potrebbe fare uno 0.001% di deficit in più. Ma la cosa che mi mette più in ansia è la questione dell'autarchia. Prima di ricevere il reddito ho dovuto partecipare a un corso di formazione obbligatorio di un mese presso i nuovi Centri per l'impiego rinforzati con settecentotrenta nuovi assunti per ciascuno. All'inizio c'è stato un po' di ritardo nella partenza del sistema perché bisognava risolvere qualche problemino tecnologico. Il primo dubbio che ha mandato in palla il sistema: come erogare il sussidio (ma non dite a nessuno che l'ho chiamato così) a chi non possedeva uno smartphone compatibile con l'applicazione Rousseau che consente di effettuare gli acquisti morali di merci rigorosamente italiani? La soluzione è stata trovata abbastanza in fretta: essendo vietato ai percettori spendere il denaro in quisquilie tecnologiche, i fondi per le prime dieci mensilità sono stati usati per nazionalizzare Alitalia e trasformarla in una fabbrica di cellulari italiani, ecologici e riciclabili (si rompono alla fine del mese). Naturalmente vengono forniti gratis al cittadino. Il problema ora è convincere i piccoli negozi dei centri storici a comprare il software per ricevere i pagamenti delle merci attraverso l'app del reddito di cittadinanza. Il mio macellaio di fiducia, «Pietro l'onesto», dice che il software che ha preso al mercato nero si impalla continuamente e quello ufficiale costa troppo. Ma soprattutto ho fatto fatica a mandare a mente l'elenco degli acquisti «italiani doc» concessi per rivitalizzare la domanda interna. Champagne no, prosecco sì, ma niente spritz (il nome è sospettato di esterofilia). Il pane sì, purché non acquistato di domenica. La pasta all'Esselunga è ammessa, ma solo se non contiene grano canadese. Una volta a settimana anche la pizza.

Ma solo in trattorie di Pomigliano d'Arco.

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