Cronache

La scalata francese all'Italia che può arrivare a Generali

La scalata francese all'Italia che può arrivare a Generali

L'invasione francese in Italia, denunciata dal Giornale già da mesi, è da ieri un allarme rosso: il gruppo Vivendi, controllato dal finanziere Vincent Bollorè, prova a scalare Mediaset. E lo fa al termine di un crescendo che, in meno di due anni, lo ha portato a controllare la maggioranza relativa e il consiglio di Telecom Italia, a veicolare un manager amico - Philippe Donnet - al comando delle Generali, e a sostenerne un altro ben conosciuto - Jean Pierre Mustier - per il vertice di Unicredit. Il tutto dalla posizione di primo socio singolo di Mediobanca, di cui Bollorè detiene l'8% del capitale (poco meno della stessa Unicredit). Assordante, nel frattempo, il silenzio della politica che, pur trattandosi di gruppi privati, rischia forse di confondere il libero mercato con il «disinteresse nazionale». Salvo poi decidere di utilizzare l'Enel per il piano banda larga; la Cdp per salvare l'Eni dai guai della Saipem; le Poste per risarcire la Cdp.

La scalata a Mediaset sta nei fatti di ieri: Vivendi ha comunicato che non intende onorare il contratto chiuso in aprile con il Biscione, che prevedeva di acquistare il 100% di Mediaset Premium e di salire al 3,5% in Mediaset contro una quota identica del proprio capitale. E di non poter crescere oltre al 5% per i prossimi tre anni.

Invece ora Vivendi propone di acquistare solo il 20% di Premium, ma anche il 15% di Mediaset in tre anni, attraverso la sottoscrizione di nuove azioni che comporterebbe la diluizione dell'attuale socio di maggioranza - la famiglia Berlusconi tramite Fininvest - sotto il 33%. Vale a dire la soglia di controllo di fatto della società. Un trucco per contenderne il governo: dal 15%, più magari quel 5% che da qualche giorno risulta alla francese Lazard, più qualche altro acquisto, si fa presto. È lo schema già attuato da Vivendi in Telecom. Dove nel giro di pochi mesi è arrivata al 24,9%. Ma l'operazione è stata denunciata da Fininvest che, in un comunicato, ha scritto che l'operazione Premium aveva solo «l'obiettivo di costruirsi in modo surrettizio e inaccettabile una posizione di estremo rilievo in Mediaset». Dura anche la reazione della Mediaset presieduta da Fedele Confalonieri e guidata da Pier Silvio Berlusconi, pronti a far valere il contratto in ogni sede legale.

Sta di fatto che con la mossa di ieri Bollorè mostra i muscoli a un sistema, quello del capitalismo italiano, che pare ormai considerare cosa sua. Incurante sia dei rapporti personali storici con Silvio Berlusconi, sia degli equilibri con Mediobanca, dove il gruppo Fininvest, con Mediolanum, è complessivamente il terzo socio con il 4,3%. Si tratta di un'ostilità mai vista prima da parte di Bollorè, sempre attento, fino a ieri, al rispetto degli equilibri. Un cambio di marcia legato da un lato all'assenza di ogni contrappeso in Mediobanca, dove l'Unicredit del francese Mustier, per vari motivi, sta girata da un'altra parte; e dove l'ad Alberto Nagel ha appena incassato la pesante sconfitta su Rcs.

Dall'altro alle difficoltà incontrate in Telecom, dove Vivendi sta perdendo circa un miliardo sulla quota che ha rilevato per arrivare al 25%. Galeotto, in proposito, è stato il progetto per la banda larga, naufragato prima per il tempo perso nella sostituzione del management; poi per l'ostilità del governo che ha preferito mettere in piedi l'operazione con l'Enel.

Ecco allora che in questa Italia terra di conquista Vivendi cerca di far quadrare i suoi conti, finora sbagliati, pensando a una mega operazione con il colosso Orange delle tlc - manco a dirlo - controllato dal governo francese, a cui portare in dote non solo la piccola Telecom (che capitalizza 13 miliardi contro i 36 di Orange), ma anche Mediaset, con i suoi quasi 4 miliardi. Le tlc e un pezzo di tv italiane diventerebbero francesi e Vivendi sarebbe il secondo grande socio del gruppo.

Poi toccherebbe all'operazione Generali. Ma questa è un'altra storia.

Forse la prossima.

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