L'appunto

I moderati e la lezione di Strasburgo

Anti-europeismo a parte, i populisti a Bruxelles non hanno nulla in comune

I moderati e la lezione di Strasburgo

In Europa il 2016 è stato l'anno della grande avanzata dei partiti populisti ed euroscettici. Dal Front national in Francia all'Ukip nel Regno Unito, passando per i tedeschi di Alternative für Deutschland e per gli austriaci del Freiheitliche Partei Österreichs. Una vera e propria offensiva, culminata lo scorso 23 giugno nel voto sulla Brexit. Eppure per l'Unione europea il 2017 si apre con la vittoria del fronte moderato e filoeuropeista, che grazie all'asse tra Ppe, liberali e conservatori porta alla presidenza del Parlamento di Strasburgo l'italiano Antonio Tajani.

Un successo decisamente in controtendenza, che dimostra come sia ancora possibile immaginare un centro in grado di fare politica ed ottenere risultati. Almeno in Europa. Ppe e liberali dell'Alde, infatti, hanno siglato un'intesa che - si legge nel testo dell'accordo - ha messo da parte le loro differenze ideologiche per dare vita ad una «coalizione europea» che potesse «lavorare insieme» e «strettamente» così da offrire una «piattaforma comune come punto di partenza per una cooperazione pro europea». Fuori dal politichese, il senso dell'accordo che ha portato all'elezione di Tajani è quello di creare un fronte che possa isolare le ali più estreme, rendendole politicamente marginali. E così è stato, visto che i diversi populismi che attraversano l'Europa - che vanno dall'Ukip di Nigel Farage ai Cinque stelle di Beppe Grillo fino a Podemos in Spagna - non sono in grado di ritrovarsi sotto una comune bandiera. A parte un fiero antieuropeismo, insomma, non esiste una matrice comune. A differenza di quanto accade per i partiti che fanno riferimento all'area moderata di centrodestra o di centrosinistra che pur arrivando da tutta Europa alla fine tendono tutti o quasi a riconoscersi nei valori del Ppe o del Pse. Quanto sia invece confuso il quadro tra gli euroscettici lo ha dimostrato qualche giorno fa la sceneggiata dei Cinque stelle che pur di ritagliarsi un ruolo erano pronti a mollare l'Efdd di Farage per entrare proprio nell'Alde.

Quella di Strasburgo, dunque, è una lezione su cui le forze moderate dovrebbero riflettere. Anche in Italia. Certo, i numeri contano e da noi, sondaggi alla mano, c'è un tripolarismo che vede una forza anti-sistema come i Cinque stelle addirittura primo partito del Paese. Però è altrettanto vero che le forze per così dire moderate non si muovono sulla stessa lunghezza d'onda ormai da anni. Anzi, negli ultimi tempi sempre più hanno remato in direzioni diametralmente opposte.

Chissà che la vittoria di Tajani non possa fare da apripista ad un nuovo scenario anche in Italia.

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