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I nuovi garantisti solo se conviene

I grillini costretti a trvestirsi da garantisti tra l'inchiesta di Roma e i guai dell'alleato

I nuovi garantisti solo se conviene

L'atmosfera del Senato nel giorno del giudizio su Matteo Salvini è surreale. Nell'aula il vicepremier leghista si difende, tradendo attimi di commozione, contro la richiesta di autorizzazione a procedere per l'accusa di sequestro degli immigrati della motonave Diciotti. Tra i suoi avvocati a Palazzo Madama c'è pure il grillino Mario Giarrusso, simbolo del giustizialismo grillino non fosse altro per il vizio cronico di agitare il gesto delle mani ammanettate contro gli avversari, e che ora, invece, suo malgrado, deve vestire i panni, per lui imbarazzanti, del «garantista» a favore del vicepremier leghista. Una faticaccia per un personaggio come lui, assolta malvolentieri, solo per eseguire gli ordini perentori del vertice, sia quello di Palazzo Chigi, sia quello della Casaleggio Associati. Tant'è che dopo quella mezza arringa in difesa del leghista, il grillino si è mezzo sfogato con i suoi: «Oggi mi sono guadagnato la pagnotta».

Fuori, nei saloni semivuoti che costeggiano l'aula del Senato, va invece in scena l'altra contraddizione 5stelle, cioè l'arresto per corruzione di uno dei leader del movimento a Roma, quel Marcello De Vito, che nelle intercettazioni disquisisce con un amico sulla presenza dei grillini nel governo di Roma e del Paese, considerata «una congiunzione astrale come la cometa Halley», per cui «da sfruttare». Una vicenda che trasforma in una caricatura la litania «onestà, onestà», su cui è cresciuto il movimento e costringe Di Maio ad espellere il presunto corrotto, su Facebook, all'alba, con i tempi delle purghe di Stalin. Quel macigno, però, rischia davvero di accelerare la corsa dei grillini verso il fondo alla vigilia delle elezioni in Basilicata e a due mesi da quelle europee. «Dopo che ieri avevamo chiesto confida Gianluigi Paragone, uno degli uomini comunicazione dei 5stelle le dimissioni di Zingaretti per l'avviso di garanzia che ha ricevuto, oggi eravamo obbligati ad espellere seduta stante De Vito dopo l'arresto. Non c'erano alternative. Se perderemo consensi? Francamente non lo so». «Siamo in una situazione complicata racconta l'umbro Stefano Lucidi : dobbiamo dimostrare che anche se si rompe un pezzo, la nostra Ferrari resta una Ferrari. Impresa ardua». Talmente complicata che Pier Ferdinando Casini, dall'alto della sua lunga esperienza politica, già scrive l'epitaffio sulla tomba a 5stelle: «Siamo all'ultimo titolo di coda. È finito il film».

Come dargli torto. Anche Di Maio ha paura. Tant'è che ieri ha confidato al suo inner circle i suoi timori per il risultato delle elezioni europee: «Se riusciamo a stare attorno al 22-23% va bene. Ma se andiamo sotto il 20%, e il rischio c'è dopo quanto è avvenuto, sono guai». Eh sì, perché se per gli altri partiti l'accusa di «ladri» è un problema, per i grillini è letale come il virus Ebola. Non hanno difese, visto che nel loro lessico il «garantismo» equivale ad una parolaccia. Sono alla mercé dei loro avversari. Tanto più, se poi, la vicenda avviene lo stesso giorno in cui l'ala movimentista vede espulse due senatrici, la Nugnes e la Fattori, ree di aver votato «sì» all'autorizzazione a Salvini. Così, il movimento precipita nelle sue contraddizioni e, per reagire, alimenta le ghigliottine. Addirittura nel goffo tentativo di esorcizzare il danno prova a cancellare l'identità delle teste che rotolano. «Se ritenete necessario parlare della vicenda De Vito è il messaggio che ieri il portavoce di Palazzo Chigi, Rocco Casalino, ha recapitato ai giornalisti amici parlatene come ex-5stelle, visto che è già stato espulso». Oggi le comiche. Anche perché De Vito non è saltato sul carro di Grillo all'ultimo momento, ma è un nome della prima ora. «Non ci posso credere scoppia in lacrime il vicepresidente del Senato, Paola Taverna -, spero ancora che sia un errore». «Una doccia fredda ammette Riccardo Tucci, deputato della Calabria perché non te lo aspetti da uno della vecchia guardia».

Il movimento è nudo. Inerme. C'è chi è interdetto e non se la sente di ripetere i rituali cari gli altri partiti, che analizzano le vicende che li coinvolgono per trovare le tracce della cospirazione. «Non possiamo certo gridare anche noi al gomblotto!», si limita a dire Luca Carabetta. Ma c'è chi come il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, qualche dubbio lo ha: «Mi piacerebbe tanto capire il combinato disposto tra l'avviso di garanzia a Zingaretti di ieri e l'arresto di oggi di De Vito». E in un movimento che stenta a ritrovare la rotta i tabù si infrangono uno dopo l'altro. Spunta anche la categoria del «dubbio» sempre rimossa da queste parti. «De Vito si lamenta Davide Galatino, deputato grillino di primo pelo è stato sottoposto ad una gogna vergognosa, come Zingaretti. Siamo tornati al Medioevo. È stato espulso senza che abbia potuto difendersi». Una vera eresia, che il movimento scomunica con tanto di nota ufficiale: «Galantino può andare nel Pd o in Forza Italia».

Insomma, il movimento è in preda ad un disorientamento generale. Anche il premier, Giuseppe Conte, è costretto a soccorrere Di Maio: «Ha espresso con coraggio una vera leadership». Un riconoscimento che, però, non ne rende meno disastrosa la situazione: i grillini erano già in crisi di consensi, le cronache di ieri rischiano di essere il colpo di grazia. E, prima conseguenza, sono costretti ad accantonare i sogni di rimonta di queste settimane e a mettersi nelle mani di Salvini. «Ormai osserva l'ex segretario generale della Cgil e ora deputato di Leu, Gugliemo Epifani sono impiccati a Salvini». «Hanno un'unica strada ironizza Ignazio La Russa cementarsi alla poltrona. Subiranno tutto ciò che gli chiede Salvini, per questo credo che dopo le europee non avverrà nulla».

I primi ad esserne consapevoli sono proprio i leghisti. Tra loro c'è chi solidarizza. «Di Maio e i suoi ammette Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato sono stati corretti con Salvini, malgrado abbiano ricevuto questo cazzotto in viso. Tutte queste vicende ti fanno pensare». E chi consiglia. «I grillini debbono mettersi in testa spiega il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana che quando vai al governo perdi voti. È successo anche a noi leghisti quando andammo al governo con Berlusconi. Per cui non ha senso agitarsi. O fare strappi. Anche quelle polemiche contro di me per quel convegno di cattolici, sono insensate. Io ho dato il patrocinio solo perché ho visto che l'anno scorso era presente il cardinale Parolin».

Tante parole, tanti ragionamenti che hanno un'unica traduzione: Di Maio buono e a cuccia.

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