Cronache

«I piani individuali sono in sviluppo»

Il presidente: «I Pip sono aumentati lo scorso anno del 10%». Piace l'offerta previdenziale delle assicurazioni

«I piani individuali sono in sviluppo»

Il 2014 è stato ancora un anno contrassegnato da risultati reddituali molto positivi per tutte le tipologie di fondi pensione che, mediamente, hanno fatto segnare un guadagno superiore al 7%. Ciò detto, la previdenza complementare in Italia resta un fenomeno marginale, se paragonato allo sviluppo che connota i principali Paesi dell'Unione europea. In questo contesto, Sergio Corbello, presidente Assoprevidenza, segnala come nel 2014 si sia consolidata la micro storia di successo rappresentata dai prodotti pensionistici del comparto assicurativo: i Pip (piani individuale di previdenza) sono infatti cresciuti intorno al 10%, dopo che nel 2013 già avevano fatto segnare uno sviluppo di circa il 20%.

Quali sono invece le principali sfide del settore per quest'anno?

«Il primo imperativo del settore resta sempre quello di crescere, nonostante l'ordinamento non faccia nulla, per non dire di peggio, per aiutare lo sviluppo e la diffusione dei piani pensionistici complementari. Confidando che nel 2015 la ripresa economica non sia una chimera e, quindi, il Paese possa attenuare l'emergenza che da troppi anni lo attanaglia, la sfida sarà certamente la ricerca di rendimenti accettabili, senza che si debba troppo alzare l'asticella del rischio. Sotto questo profilo dovranno essere superate le troppe remore, talora veri e propri blocchi psicologici, che hanno impedito di approcciare, con la necessaria serenità di giudizio, le molte innovative proposte che pure vengono dal mercato. In questa ottica, l'utilizzo di taluni investimenti alternativi potrebbe indirettamente contribuire alla stessa crescita del Paese».

A questo proposito, come valuta la decisione del governo di aumentare l'aliquota sui rendimenti delle fondi pensione?

«Direi che si tratta davvero di un paradigmatico esempio di “remare contro”. I fondi pensione non sono un prodotto finanziario, bensì delle entità giuridiche, variamente strutturate, preposte ad attribuire prestazioni di carattere previdenziale, a sostegno e integrazione dei trattamenti pensionistici di base, per assicurare un livello di complessiva “adeguatezza” del reddito degli anziani. In tutti i Paesi dell'Unione, proprio in ragione della funzione pensionistica assolta, ma anche per il ruolo di investitori istituzionali di lungo periodo, i governi dispiegano la massima cura per favorire lo sviluppo dei fondi complementari. Ciò, in primo luogo, attraverso la messa in campo di una fiscalità particolarmente agevolata, avuto specifico riguardo alla cruciale fase di accumulo delle riserve. Mi riferisco allo schema che si sintetizza nell'acronimo E/E/T: Esenzione da imponibilità fiscale per una ragionevole misura di apporti contributivi; Esenzione totale da prelievo tributario sui rendimenti tempo per tempo conseguiti dal patrimonio dei fondi pensione; Tassazione delle prestazioni pensionistiche in capo al singolo. Noi siamo andati nella direzione opposta. L'aggravio dell'aliquota al 20% sul maturato rende addirittura più pesante il prelievo fiscale per i fondi pensione rispetto a un prodotto finanziario, per il quale è prevista l'aliquota del 26% sul realizzato: la tassazione del 20% sul maturato equivale, infatti, mediamente a circa il 30% sul realizzato. Diciamo che l'auspicato riavvio della crescita del Paese potrà/dovrà consentire di ritornare sulla materia. A parte l'emanazione dell'atteso decreto circa i crediti di imposta, connessi a investimenti produttivi di lungo periodo, penso che la legge di stabilità per il 2016 sarà un momento chiave per un “ravvedimento operoso” del governo».

E cosa pensa invece, dell'opzione offerta ai lavoratori da marzo di destinare il Tfr in busta paga?

«Non condivido il provvedimento, sebbene ne comprenda le motivazioni macroeconomiche.

Sul punto ho più fiducia nei cittadini che nei governanti».

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