Cronache

I tifosi della squadra sponsor delle Ong celebrano la strage di Dresda

I tifosi del St. Pauli, tra gli sponsor e sostenitori di due Ong tedesche che soccorrono i migranti, espongono uno striscione che elogia il bombardamento alleato di Dresda

I tifosi della squadra sponsor delle Ong celebrano la strage di Dresda

Sono la squadra di calcio più antifascista del mondo. E ne fanno un vanto. Pacifisti, immigrazionisti, solidali con i migranti. "Diciamolo forte, diciamolo chiaramente: qui i rifugiati sono i benvenuti", scrivevano in uno striscione esposto sugli spalti nel 2015. Il St. Pauli milita in Zweite Liga, seconda serie tedesca, ma la polisportiva fondata nel 1909 è più famosa per le posizioni ideologiche dei tifosi e della società che per le vittorie riportate sul campo.

Ad accrescere il seguito fu la decisione di impiantare lo stadio nel quartiere a luci rosse di Amburgo e di vietare l'ingresso sugli spalti ai tifosi di destra. Sul sito internet si trova anche un gruppo di lavoro intitolato "Refugees Welcome". Raccoglie un insieme di rappresentanti dei fan club del St. Pauli e dipendenti della società con l'obiettivo di "dare sostegno o organizzare progetti per i migranti attraverso azioni di raccolta fondi e donazioni di materiali". Un intero popolo calcistico al servizio degli immigrati per inviare loro "il miglior aiuto possibile". Non solo. All'interno dello stadio "Millerntor" gli stranieri possono anche trovare sostegno legale gratuito per fare richiesta di asilo.

Non è caso dunque se il suo nome appare orgogliosamente tra gli sponsor e i partner di due Ong tedesche alacremente impegnate nel recupero migranti al largo della costa libica. A sostenere le navi umanitarie è il "Kiez Helden", una sorta di quartiere-piattaforma nato per realizzare progetti sociali dediti all'integrazione e alla solidarietà.

Il St Pauli appare tra i sostenitori di Sea Watch, Ong tedesca sorta dopo la decisione dell'Italia di sospendere la missione Mare Nostrum. Tre imprenditori nel maggio del 2015 pensarono di comprare un peschereccio con 98 anni di navigazione alle spalle e di renderlo adatto ad affrontare lunghe ore in balia delle onde nelle zone SAR vicine a Tripoli. In breve tempo, anche grazie ai tanti partner - tra cui la squadra calcistica - Sea Watch è diventata un colosso del mare. Nella flotta è arrivata Sea Watch 2, in cantiere c'è la raccolta fondi per Sea Watch 3 e un anno fa hanno anche lanciato l'iniziativa per far decollareun aereo leggero capace di pattugliare il mare e indicare le coordinate dei barconi appena salpati dalla Libia.

La Ong tedesca non ha neppure firmato il codice di condotta voluto dal ministro dell'Interno Marco Minniti. Radicali e ribelli. All'appello mancano pure le firme di Msf, Juventus Rettet (che nei giorni scorsi si è vista sequestrare la nave Iuventa a seguito delle indagini della procura di Trapani), Sos Mediterranée (che però è in trattativa) e Life Boat. Guarda caso il simbolo del St. Pauli appare anche tra i partner di quest'ultima Ong con base ad Amburgo e cuore operativo nel Mediterraneo a bordo della nave Minden.

Dopo il varo dell'iniziativa "Refugees Welcome" i quotidiani in Germania e in mezzo mondo lodarono l'accogliente tifoseria, che come simbolo non ufficiale usa il teschio con le ossa incrociate solitamente issato sulle navi pirata. Scherzi del destino. La stessa attenzione mediatica, però, non si è registrata tre giorni fa a margine della partita tra St. Pauli e Dinamo Dresda, finita 2 a 2 al triplice fischio. Le due tifoserie si mal sopportano: di sinistra quella di Amburgo, vicina all'estrema destra l'altra (non è un caso che Pegida, il movimento anti islamico tedesco, sia nato proprio qui). Gli sfottò sono all'ordine del giorno, ma stavolta si è andati oltre. Sugli spalti della squadra di casa, infatti, secondo BlastingNews sarebbe spuntato un ignobile striscione di elogio della strage di Dresda del febbraio 1945. Episodio simile a quanto accaduto già nel febbraio scorso, quando i tifosi del St. Pauli celebrarono i raid degli Alleati sulla città tedesca.

A guerra mondiale quasi conclusa, la Royal Air Force britannica e la Us Army Air Force bombardarono con 7.100 tonnellate di bombe esplosive e incendiarie la cittadina tedesca, fino a quel momento solo sfiorata dal conflitto e da molti considerata "città aperta". "Noi festeggiamo 72 anni dalla realizzazione di questo passaggio da parte degli Alleati", hanno scritto su due lenzuoli gli ultras del St. Pauli. Dimenticando (o forse no) che sotto quella pioggia di inutili ordigni persero la vita 25mila persone (ultima stima degli storici, anche se un primo bilancio parlava di 250mila decessi). In tre giorni l'aviazione degli Alleati provocò quasi lo stesso numero di vittime affogate nel Mediterraneo in 15 anni di migrazioni sui barconi (le stime parlano di 30mila vittime). Lungi da noi fare un confronto: tutti i morti meritano rispetto. Ma se società e tifosi del St. Pauli da una parte si battono per favorire l'arrivo degli immigrati, sostengono le Ong e piangono chi perde la vita in mare, dall'altra gioiscono per i morti di Dresda. Nel silenzio dei media. Ecco allora gli ipocriti "umanitari" che si nascondono dietro quel "Refugees Welcome": sponsor delle navi che "salvano profughi in mare" e adulatori dello sterminio di una città. Forse esistono davvero morti di serie A e vittime di serie B.

Come quella in cui milita la squadra antifascista.

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