Cronache

Insultò il capo in chat, Cassazione: "Sono ​conversazioni private"

Ora l'uomo dovrà essere reintegrato e risarcito dal datore di lavoro

Insultò il capo in chat, Cassazione: "Sono ​conversazioni private"

La tutela della segretezza delle comunicazioni si estende anche alle mailing list e alle chat, che sono da considerare"alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile".

Lo ha affermato la sezione del lavoro della Cassazione, confermando l'illegittimità del licenziamento di un sindacalista, che era stato allontanato a seguito delle parole offensive con cui si era riferito ai propri capi in una chat. Per quelle parole, l'uomo era stato querelato per diffamazione e indagato dalla procura di Trieste, come aveva raccontato il Giornale.

Il provvedimento nei confronti del sindacalista era stato già annullato dalla Corte d'Appello, ma ora anche la Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado, rigettando il ricorso fatto dall'azienda. La Corte ha infatti stabilito che l'inviolabilità delle chat e delle mailing list"è logicamente incompatibile con i requisiti propri della condotta diffamatoria", che al contrario presupporrebbe la volontà di diffondere il contenuto della comunicazione nella società. Invece, l'esigenza di "tutela della segretezza delle forme di comunicazione privata o chiusa preclude l'accesso di estranei al contenuto delle stesse".

In questo caso, la chat era volutamente privata e l'intento non era quello di diffondere i messaggi che vi si scambiavano all'interno. Per questo, i giudici hanno stabilito la "mancanza del carattere illecito della condotta ascritta al lavoratore, riconducibile piuttosto alla libertà, costituzionalmente garantita, di comunicare riservatamente". Nessuna diffamazione quindi, ma una conversazione privata che avrebbe dovuto rimanere tale. Per questo, il sindacalista ora verrà reintegrato e risarcito dal datore di lavoro.

Con questa sentenza, la Cassazione ha stabilito che "queste nuove forme di comunicazione" sono da ritenersi caratterizzate dalla "segretezza".

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