Politica

"Io", "noi" o nessuno Sempre tutti contro uno

Non è cambiato nulla. Matteo Renzi è tornato ed è sempre lo stesso Renzi, soltanto con un ego un po' più grasso

"Io", "noi" o nessuno Sempre tutti contro uno

Non dice più solo «io», adesso allarga le braccia e sorride con un «noi», ma è un plurale maiestatis, come un sovrano, un re, un papa o uno che chiama gli altri solo per fare numero.

Per il resto non è cambiato nulla. L'apparizione al Lingotto non è una discontinuità, non è una rinascita, non è la maturazione dopo la sconfitta, non è un viaggio nel deserto. Matteo Renzi è tornato ed è sempre Renzi, solo con un ego un po' più grasso. Non è però colpa sua. Renzi è un «noi» in mezzo al nulla.

Il Pd, con quello che resta e con quello che è andato via, è una scatola di cianfrusaglie e vecchi cimeli, di slogan da consumare in fretta e promesse tanto al chilo. Non è una casa. È una roulotte, anzi un trolley, dove ci sono le cose essenziali per acchiappare voti. Matteo infatti non parla di programmi e neppure di alleanze, quelle con il proporzionale si fanno dopo. Tanto, lui lo sa, anche le prossime elezioni avranno lo stesso schema: non si vota per il futuro ma per le poltrone. Per chi comanda. Si voterà pro o contro qualcuno. Contro Renzi o contro Grillo. Si vota da tifosi, per non far vincere l'altro. E infatti alla fine si pareggia, perché la palude rassicura tutti.

La politica in Italia è sempre Montecchi e Capuleti. Il piacere è brindare alla sconfitta dell'altro. Le idee sono fuffa. È per questo che Renzi è tornato uguale a se stesso. Ha perso il referendum perché ha personalizzato troppo? Pazienza, la rivincita se la gioca ancora a nome suo. Altrimenti che gusto c'è. È la faida il senso più profondo del voto. È nettare e fiele, con una raccomandazione: chi perde se la rigioca. L'importante è sopravvivere, tanto che c'è chi da una vita galleggia sopra il tre per cento. Le uniche sconfitte irrimediabili, salvo miracoli, sono quelle giudiziarie. Quando vuoi davvero ammazzare politicamente qualcuno allora metti mano alla giustizia.

Se c'è qualcuno che ha raccontato l'Italia degli eterni guelfi e ghibellini è un architetto che vive a New York. Si chiama Francesco Marocco. Non con un saggio, ma con un romanzo, che in copertina ha una mano rossa che fa le corna. Il titolo è Cronache della discordia (Mondadori). Ci sono, tra i personaggi, anche un leader tradito dai sondaggisti che assomiglia parecchio a Matteo e una giovane ministra che conosce tutti i trucchi per vincere a Candy Crush. Sono teneri.

Immaginate ora un sistema elettorale un po' all'americana, dove saranno i sindaci a scegliere chi governa. Pensate ad un testa a testa con un'Italia spezzata in due, cinquanta e cinquanta e a definire la sorte è un paesino della Basilicata, anzi due paesini costretti a unirsi per la legge sui piccoli comuni. Tutto è in mano ai cittadini di Fiumesecco, metà sono di Paludazzo e il resto di Montesole. Gli uni e gli altri si detestano dai tempi dei Borboni, per questioni di donne. Destra e sinistra sono solo una scusa. Non esistono. Quello che conta è la paura di ritrovarsi sottomessi alla fazione rivale.

È la differenza antropologica l'unica e costante chiave politica. «A Paludazzo e Montesole non si poteva guardare al futuro con una visione progressista e conservatrice, laica o cattolica, perché l'idea di futuro da quelle parti non esisteva, né mai nessuno lo aveva invocato. Le elezioni erano un rituale tutto interno fatto di pacchi di pasta e caffè e buoni di benzina». I pacchi di pasta poi puoi chiamarli appalti e la storia non cambia. Questo vale per tutti e più urlano che lo fanno per tutelare deboli e disgraziati e più l'affare puzza. E quando si passa dall'io al noi non sempre è un bene. Il noi, ingrassa. «L'Italia è un posto unito solo sulla pelle di uno stivale, una mappa di conflitti tra regioni, città, paesini, quartieri, vicini di casa. Questo è un posto dove l'unica cosa che conta è odiarsi. E noi italiani ci odiamo da sempre». È quello che Renzi non aveva calcolato il 4 dicembre. Ora si è fatto più furbo.

È per questo che le prossime elezioni saranno ancora un referendum su Renzi, solo con una legge elettorale non basata su un sì o un no. Matteo si lascia un paracadute in Parlamento. Il pareggio questa volta vale una rivincita.

Ma non sarà a costo zero.

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