Economia

Io speriamo che non recedo

Io speriamo che non recedo

Come sta l'economia italiana? Non serve chiedere alle agenzie di rating, ai mercati o affidarsi a complicati algoritmi sull'andamento delle borse. Non è necessario neppure fare sponda con i sacerdoti di Bruxelles e le litanie sul debito pubblico. Purtroppo la risposta più preoccupante arriva direttamente dal governo, in particolare dal ministro dell'Economia. Siamo agli scongiuri. Giovanni Tria sta parlando all'Ecofin, al tavolo con gli altri ministri economici europei, e chiude il suo discorso con queste parole: «Speriamo di non andare in recessione». Gelo. L'uomo che ha in mano gli artifici tecnici della manovra, quello che conosce numeri, conti, prospettive, opportunità del paziente Italia, l'economista in bilico tra la quota cento di Salvini e il reddito di cittadinanza di Di Maio ci sta tranquillamente dicendo che siamo con l'acqua fino al collo e l'unico piano di salvataggio è non fate l'onda e incrociate le dita. Meraviglioso.

Fortuna che c'è il premier, che non smentisce il suo ministro, ma interpreta i fondi del caffè con allegro ottimismo. Dice Conte: «La battuta d'arresto del Pil nel terzo trimestre è solo temporanea: la crescita tornerà robusta, sostenuta dalla nostra politica economica». L'inverno sta arrivando, ma poi c'è la primavera. Sarebbe bello sapere qualcosa di questa prodigiosa politica economica, ma i due partiti di maggioranza si stanno ancora strappando di mano una coperta troppo corta e costosa, ognuno vuole tagliare il vestito dell'altro. L'ideale a questo punto sarebbe lasciare la scelta alla sorte. L'idea potrebbe piacere a Beppe Grillo: testa o croce? Testa si va con la ruspa sulla legge Fornero, croce si festeggia sul balcone il reddito di cittadinanza. Il sospetto è che abbia vinto l'Europa, il male minore che al voto di marzo nessuno si augurava. Forse qualcuno, al gioco dei torni e delle diplomazie, ha sbagliato tattica.

Non è tutta colpa loro, di Tria e di Conte, messi lì all'inizio a fare il guardiano dei conti e il notaio del patto. Le strategie di politica economica di questo governo partono con un gioco d'azzardo: la crescita inattesa. È come se Cinque Stelle e Lega avessero scommesso su un miracolo. Il ragionamento, più o meno, è stato questo: siccome siamo arrivati noi a governare il cielo è sempre più blu. È la politica di Mary Poppins, l'ottimismo per l'ottimismo, la canzoncina da cantare tutti in coro mentre i bravi governanti scendono giù dalle nuvole con un ombrello come paracadute, convinti che basti un po' di zucchero e la pillola va giù. Poi arriva la realtà e con lei l'ombra della recessione. Il ministro dello Sviluppo economico chiude, come tanti altri poveri cristi, la sua piccola azienda. Strozzata dalle tasse e dall'Agenzia delle entrate, avrebbe sacramentato un tempo suo papà Antonio Di Maio.

Vittorio Macioce

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