Cronache

In Italia si legge sempre meno perché un libro vale una ceretta

Se l'Italia legge sempre meno, meno di qualsiasi altro Paese occidentale, come mai abbiamo sempre un alibi?

In Italia si legge sempre meno perché un libro vale una ceretta

Se l'Italia legge sempre meno, meno di qualsiasi altro Paese occidentale, come mai abbiamo sempre un alibi? Siamo gli ultimi quanto a lettura di libri e quotidiani ma i primi ad avere mille scuse pronte. Qualcuno dà la colpa alla crisi economica, altri alle scuole, altri al tempo che manca perché si deve lavorare, e chi non lavora non può leggere perché è disoccupato, ha troppo tempo libero per leggere. Come se negli altri Paesi non ci fosse la crisi economica, si avesse più tempo libero e le scuole fossero migliori delle nostre. Se mettessimo insieme il tempo che ognuno passa a leggere e scrivere status su Facebook, leggerebbero tutti almeno un libro al giorno. Eppure Facebook ce l'hanno anche gli altri. Secondo i dati, leggono di più i giovani tra gli undici e quattordici anni, per forza, dopo si dedicano alla Playstation. Che è comunque meglio di molti libri che troviamo in classifica di vendita, perché almeno se gioco a Call of duty WW2 imparo qualcosa sulla Seconda guerra mondiale, se gioco a Assassin's Creed imparo la Storia dell'Antico Egitto, mentre se leggo Fabio Volo imparo solo i pensieri di Fabio Volo, disimparando tutto il resto. Non regge, a mio avviso, neppure la ragione economica: non mancano i soldi per andare in palestra, per andare in un centro estetico a farsi la lampada, perfino per depilarsi, cosa che oggi fanno anche gli uomini. Se fosse colpa della crisi, dovremmo andare in giro come nei film del neorealismo italiano, dove eravamo accattoni e ladri di biciclette, ma si leggeva più di oggi. Mia mamma mi ripete sempre il motto latino mens sana in corpore sano, per spronarmi all'attività fisica perché leggo troppo (sarebbe anche il mio lavoro, in realtà), non si capisce però cosa facciano loro per la loro mente. Tra le tante spiegazioni a mio avviso ce ne sarebbe una: ci hanno inculcato che le opinioni si rispettano. Non esaltiamo l'autorevolezza di nessuno, piuttosto parifichiamo qualsiasi pensiero a quello di qualsiasi altro. Le campagne di lettura sono tutte generiche, spronano a leggere, ma leggere non significa niente, dipende da cosa leggi.

Dario Bressanini, un chimico autorevole e brillante che fa video su Youtube per combattere l'ignoranza scientifica, deve lottare contro le bufale antiscientifiche di un altro youtuber che si chiama Infinito e ha dieci volte il suo seguito, più di mezzo milione di iscritti. Che Bressanini abbia letto molto, e abbia scritto su riviste autorevoli e libri autorevoli, non frega niente a nessuno. Un adolescente non penserà mai voglio leggere molto per diventare come Bressanini, penserà che è più semplice diventare come Infinito, anche se è un infinito cretino. Amazon non chiede a me, o a Aldo Busi, o Piersandro Pallavicini quali libri consigliare, li chiede a Selvaggia Lucarelli, perché è un influencer, e infatti influenza milioni di persone più di me, Bressanini, Busi e Pallavicini messi insieme. Ce lo insegna ogni trasmissione televisiva, ce lo insegnano perfino quelli del Grande Fratello Vip che da come parlano e da quello che dicono devono essere diventati Vip senza avere mai aperto un libro. Siamo un Paese in cui non c'è mai stato nessun principio di autorevolezza, e dunque nessun rispetto per i libri, né per chi li legge né per chi li scrive.

Tizio dice x, Caio dice y, nessuno che ritenga più autorevole x perché ha letto più libri di y, figuriamoci poi se ha letto libri migliori, nessuno legge ma chiunque ha pubblicato un libro, quindi sono tutti ugualmente irrilevanti. Ce lo insegnano perfino a scuola, tutte le opinioni vanno rispettate, ma allora perché mai perdere tempo a farsene una che sia migliore di un'altra? Perché leggere Marcel Proust e non Fabio Volo, oppure niente e farsi una bella ceretta?

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