Cronache

Kashoggi, lo sceicco armato di diamanti

Kashoggi, lo sceicco armato di diamanti

C' era soltanto l'imbarazzo della scelta: la casa a Parigi, la dimora a Madrid, il cottage a Cannes, il palazzo a Ryad, sedici alloggi a New York trasformati in un unico appartamento, la villa a Marbella, in verità non proprio una villa, ma duemila e cinquecento metri quadrati calpestabili. Nei vari garage 100 limousine, nell'hangar dell'aeroporto di Nizza, un DC8, tre jet privati, quindi al porto di Montecarlo il Nabila, valore in milioni di dollari, 80. Guardie del corpo varie, guidate da un sudcoreano campione intercontinentale di arti marziali. Figli otto, divorzi due. Tutto finito, insieme con lui, Adnan Kashoggi, il più ricco dell'universo nei favolosi anni Settanta-Ottanta, morto in una clinica svizzera, costretto su una sedia a rotelle, sfinito, avvilito, dimenticato da quello stesso mondo di affari e di lusso che lui aveva creato, inventato e alimentato, da abile uomo di affari. I dollari erano diventati milioni e poi miliardi con il mercato delle armi. Suo padre, medico personale del re d'Arabia Abdel Aziz al Saud, lo aveva spedito in Egitto, per gli studi al Victoria College di Alessandria. Sua sorella sarebbe stata la genitrice di Dodi Al Fayed, dunque zio Adnand anche per lady Diana. Va da sé che, al tempo, la parentela aumentò i sospetti dell'attentato.

Al Victoria college trovò come compagno di classe re Hussein di Giordania, in pratica, il destino bussava alla sua porta: «E quando il destino bussa devi aprire sempre», ripeteva spesso. Dall'Egitto in volo verso la California, ancora università ma senza risultati ufficiali. Meglio gli affari. A 19 anni un contratto di 3 milioni di dollari, per la fornitura di camion al governo egiziano, nella campagna contro Israele, gli fruttò il primo premio: 150mila dollari. Spiccioli. Nel 1970 il colpo della vita, l'azienda aeronautica americana Northop procura gli F-5 all'esercito saudita in cambio di 4,2 miliardi di dollari, mister Kashoggi incassa la commissione di 184 milioni. I giochi sono fatti. La vita è bella e lui cerca di ribadire il concetto in modo «arabesco». Bello non era, anzi un po' tozzo, anche fragile, con i baffetti nerissimi a disegnare quel volto tondo come una luna piena. Ma garbato, astuto, reattivo, lucidissimo a intuire chi gli si parava di fronte. Negli affari, l'estetica ha un valore marginale. Infatti Kashoggi citava Napoleone: «I denari non sono tutto ma sono il mezzo per avere tutto».

Di uguale statura, dunque, il Napoleone della Mecca, vinse diverse battaglie di campo e di letto. Al suo fianco esibiva femmine bellissime, alcune erano innamorate di lui, la prima moglie, Soraya, di anni diciassette, al momento del divorzio, confermò la passione chiedendo un sostentamento di 2,4 miliardi, ridotto poi in tribunale a 874 milioni. La seconda (entrambe convertite all'islam), l'italiana Lamia, ha volato più basso ma Adnan non si è mai lamentato dei denari, anzi ha approfittato in tutte le direzioni dei conti correnti mai visti così correnti prima di lui. Per far danzare i quattrocento ospiti alla festa del suo 50esimo compleanno nella villa di Marbella, chiamata Baraka, invitò, a pagamento ovviamente, Shirley Bassey che, uscendo dalla torta (sovrastata dalla corona, copiata dagli chef su quella di Luigi XIV esposta al Louvre) cantò Happy Birthday Adnan, mentre la band inglese The Queen, andava di rock.

Il party, al quale parteciparono tra gli altri Sean Connery in piena missione 007 e la spettacolare Brooke Shields, prevedeva un centinaio di camion refrigerati con migliaia di bottiglie magnum di champagne a disposizione degli invitati. L'evento suggerì a Freddy Mercury, leggenda dei Queen, di scrivere addirittura un pezzo dal titolo Kashoggi's ship, la barca di Kashoggi, inserito nell'ellepi Miracle. Madame Mimì, al secolo Mireille Griffon, nota maitresse della costa Azzurra, provvedeva al casting femminile per i gentili ospiti di sesso maschile. Il piccolo grande Gatsby anticipava i tempi, erano anni da mille e una notte, la lampada di Aladino Kashoggi regalava la qualunque, anche Lory Del Santo fu tra le last lady, partecipò al carnevale ricevendo gioielli favolosi e notti d'amore. Ma Adnan non trascurava per questo gli affari. Finanziò la rielezione di Richard Nixon, alla cui figlia regalò un braccialetto da 60mila dollari.

La giostra, la copertina del Time, gli onori, la Nabila finita tra le varie barche di Trump, le donne, i politici, i miliardi, improvvisamente, tutto si fermò. I denari avevano un cattivo odore, la vendita delle armi all'Iran procurò l'ira di Ronald Reagan, una storia di ricettazione, con i filippini Ferdinand e Imelda Marcos, per opere trafugate al museo di Manila, portò all'arresto e al carcere per tre mesi. Il sultano si ritrovò smarrito, la corte scomparve, residui di gloria, amicizie scomparse, il mondo che lui aveva creato si era messo a correre velocemente, lasciandolo quasi solo. A ottantatrè anni, in una camera del St. Thomas Hospital, la sua avventura si è conclusa.

Ma nessuno saprà mai se il tesoro sia veramente svanito.

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