Cronache

"Il killer? Un serbo accusato pure di stupro"

Il generale Del Sette sul posto. Bologna e Ferrara, i pm unificano i fascicoli dell'inchiesta

Il generale Tullio Del Sette
Il generale Tullio Del Sette

Attenti al lupo. Che si chiami Igor o, più biblicamente, Ezechiele, è in entrambi i casi una bestia inferocita e bifronte, in grado di uccidere due volte in 9 giorni. E ora si scopre anche che Igor Vaclavic «è un serbo ricercato anche nel suo Paese. Ha diversi alias però, da quello che mi dicono sia stato accertato, la nazionalità è serba ed è ricercato anche lì per una rapina con violenza sessuale». Autorevolissima la finte: il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Tullio Del Sette, arrivato ieri sera alla compagnia di Molinella (Bologna) per fare il punto sulle ricerche del killer in fuga. Nella notte le indagini hanno fatto un passo avanti per catturare la «belva » di Budrio e Portomaggiore. Mentre i cani molecolari ne fiutavano tracce nell’oasi di Marmorta, è sulla rete che le ricerche sembrano fare bingo. Poco da festeggiare, molto da lavorare, ma, scandagliando Facebook, gli inquirenti, in collaborazione con la polizia di Belgrado, hanno trovato un profilo falso con una foto vera e un nome forse più attendibile degli altri, che ha portato ad identificarlo con Ezechiele Norberto Feher.

Serbo, non più russo, non più (solo) Igor Vaclavic. Ora a Bologna, il procuratore Giuseppe Amato e il titolare delle indagini Marco Forte sanno con che nome chiamare l’assassino del barista Davide Fabbri. Intanto anche i colleghi di Ferrara, Bruno Cherchi e Ciro Alberto Savino, intendono unificare le indagini, non appena i rilievi sul furgone abbandonato sabato da chi ha ucciso la guardia ecologica Valerio Verri, potranno essere comparati con quelli del killer del bar Gallo. Una bici elettrica, vestiti e cibo: questi gli oggetti su cui si spera di ritrovare tracce di «Igor il russo» per poter dire che si tratti di «Ezechiele il serbo». Intanto le evidenze di Facebook portano a un unico volto: l’uomo sul profilo è lo stesso delle foto segnaletiche che tappezzano mezza Emilia Romagna da inizio aprile e che un paio di abitanti della zona di Budrio hanno dichiarato di aver visto scorrazzare, bardato da cacciatore, pochi giorni prima dell’agguato a Fabbri. Prima si pensava che il killer potesse avere degli «amici» a coprire la sua fuga.

A tradirlo, invece, sono stati gli «amici» su Facebook, alcuni dei quali coincidono con gli ex amici di banda armata con cui «il russo» aveva colpito in passato. Loro in prigione, lui nella boscaglia, dove in questi giorni tutti hanno ripreso a cercalo, solo perché lui ha ripreso a sparare. Dal 2015, uscito di prigione è stato come dimenticato. Ma c’è chi se lo ricorda bene e compare con lui su quel profilo Facebook: già una settimana fa Antonio Bentivoglio, cappellano del carcere di Ferrara dove Igor-Ezechiele ha scontato una seconda tranche di pena, aveva dichiarato a telecamere e taccuini che sì, quel detenuto era troppo «modello » per essere sincero. Scaltro, impenetrabile, parlava 5 lingue. Quanto basta. Il russo come il serbo, ormai l’italiano e soprattutto il linguaggio della violenza. La gente qui ha paura: l’errore più grande è stato smettere di cercarlo, non applicando i due decreti di espulsione a suo carico. Fatalismo, burocrazia. Igor è rimasto qui, diventando Ezechiele, ma soprattutto lupo feroce. «Ci parlano di terrorismo a prevedibilità zero, adesso qui sappiamo bene che cos’è», commenta un uomo a un bar di Molinella, guardando le news in tv. Lui ha un campo lungo il Reno, ma in questi giorni non ci va volentieri per paura di trovarsi davanti «quello là».

«Qui non siamo abituati a un male così», dice una donna allargando le braccia come a misurare la cattiveria.

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