Cronache

Lara, la foreign fighter italiana: "I terroristi vogliono la vendetta perché hanno subito razzismo"

La foreign fighter al telefono coi familiari: "Il martire non soffre quando muore. Lo ha detto Allah. Sente come il pizzicore di una formica". E giustifica gli attentati

Lara, la foreign fighter italiana: "I terroristi vogliono la vendetta perché hanno subito razzismo"

"Il martire non soffre quando muore. Lo ha detto Allah. Sente come il pizzicore di una formica". Lara Bombonati, la 26enne convertita all'islam e divenuta una pericolosa foreign fighter, sognava il jihad. Era pronta a morire in nome di Allah, proprio come aveva fatto il marito, Francesco Cascio, ucciso da una raffica di colpi in un campo di addestramento dell'Isis in Siria. Dalle intercettazioni, che il giudice Tiziana Belgrano hanno portato all'arresto e che oggi il Corriere della Sera pubblica in esclusiva, emerge tutta la sua determinazione a portare l'islam radicale in Italia.

Quando rientra in Italia, dopo essere stata espulsa dalla Turchia al momento di valicare il confine per tornare nel Califfato, Lara Bombonati, che dopo la conversione si fa chiamare Khadija, decide di spostarsi in Belgio dove la aspetta un nuovo marito con cui riprovare a spostarsi in Siria per fare il jihad. Già nel 2013 la giovane di Garbagna, paesino in provincia di Alessandria, bazzica con il nickname "jalyk" la chat delle "sorelle musulmane" gestita da Bushra Haik, una canadese emigrata a Bologna che proprio per aver amministrato su skype il gruppo "Combattenti del Califfato e di Isis" è stata condannata come reclutatrice. È la stessa chat usata da Maria Giulia Sergio, la prima lady jihad italiana convertita all'islam e partita per la Siria a combattere tra le fila dello Stato islamico.

Come emerge dalla intercettazioni riportate dal Corriere della Sera, Lara Bombonati non nasconde il proprio integralismo nemmeno con i familiari. "Allah ha creato la terra e la terra è sua", spiega. Poi, parlando degli attentati, giustifica i tagliagole: "Loro bombardano le loro città... e loro ricambian". Sulle situazione nelle terre della Siria occupate dallo Stato islamico rivela che sono in azione "migliaia di gruppi" provenienti "dall’Arabia e dalla Turchia". "Ci sono anche quelli supportati dall’America... poi ci sono i gruppi per i fatti loro", argomenta la foreign fighter secondo cui "il problema dell'Isis è che si sono intrufolati ragazzini... vanno là solo per le armi, perché fanno sparare... per fare i gangster e questa cosa è sfuggita di mano". Ma non li condanna. Anzi, giustifica ogni loro azione terroristica: "È gente che ha subito il razzismo, sono frustrati, vogliono una ripicca, una vendetta sull’Occidente e loro non li controllano più".

Il 26 gennaio, durante una "missione" che le viene assegnata da, Abu Mounir, viene pizzicata dalla polizia turca con un documento siriano, ma non parla la lingua. Così finisce in galera. È in questo momento che i genitori, perso qualsiasi contatto con la figlia, decidono di denunciarne la scomparsa. Ma lei si infuria: "Non si chiama la polizia quando ci sono di mezzo dei musulmani... in quanto tale io non sono soggetta a nessuno, solo alla legge divina". E spiega: "Chiunque legifera al posto di Allah è una falsa divinità, un Thehut". Per questo, a suo dire, bisogna "fare piazza pulita di templi e sinagoghe".

Ai familiari Lara-Khadija confida il proprio dolore per la morte del marito. "Io volevo farmi una famiglia ma lui chiedeva sempre e solo di morire, diventare martire - racconta - adesso vive in tutti noi. Io sono contenta per lui... però mi manca così tanto. Se vado a fare la spesa penso a lui che mi portava le borse - continua - e se le persone mi insultavano per strada ed era insieme a me rispondeva. E quando cucino penso che c'era lui che mi tagliava le cose perché mi diceva che io mi tagliavo". Nonostante il dolore per la perdita, la foreign fighter è ancora convinta che il martirio sia la strada giusta. "Lui (il marito, ndr) ora sta meglio di tutti.

Mi diceva: guarda i martiri, muoiono col sorriso".

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