Cronache

L'autopsia sull'anatra e la faina giustizialista

L'autopsia sull'anatra e la faina giustizialista

Quando un'anatra incontra una faina, l'anatra muore. Non importa se sei in un parco pubblico né se hai 13 anatroccoli che muoiono con te. È la legge della natura, e non c'è riforma gialloverde che serva a sovvertirne gli esiti fatali. Ma perché se ne parla? Perché nessuno a Pomigliano D'Arco, a casa dei Di Maio, da giorni si dà pace per l'accaduto. E non è uno scherzo. Dove comanda la camorra e il reddito di cittadinanza spopola, la città s'indigna per la barbara esecuzione della povera anatra innocente. Per distrarre il popolo dai guai del Paese servono armi di distrazione di massa. È la legge della politica. Ma gli animali muoiono. È una legge della natura. «Questo lo dice lei», pensa Mariagrazia Tartari, una assessore detective che vuole vederci chiaro. «Serve un'autopsia». Spulciando le cronache locali si scopre che il Comune vuole fugare il dubbio che sia stata una bravata, che sia colpa di un branco di minorenni fuori controllo tipo Manduria, non sia mai. Perché il guardiano del parco «aveva notato dei punti come se l'anatra fosse stata trafitta con i suoi anatroccoli», tipo del filo spinato, e allora «abbiamo disposto l'autopsia per escludere che ci fosse qualche malintenzionato che ammazzava gli animali», ribadisce l'assessore. Sono ore decisive, Pomigliano resta col fiato sospeso. E quando dall'autopsia arriva la conferma, l'ufficio stampa del Comune lo comunica via Facebook agli addolorati orfani dell'anatra. Nessuna gang di malintenzionati, il parco di Pomigliano è sicuro, è stata una fatalità.

Ricapitolando: un'autopsia. Su un'anatra. L'ha deciso un'assessore. Lo dice il Comune. Su Facebook. Per evitare figuracce. Se non fosse vero sembrerebbe l'ennesima sceneggiatura da cinepanettone, e invece no. Il post naturalmente diventa virale, la rete si divide come tra guelfi e ghibellini, garantisti e forcaioli, complottisti e benaltristi. L'indignazione si mescola all'ironia, la tragedia di un Paese imprigionato nella bolla social esplode nella migliore delle farse all'italiana con il suo campionario di frasi fatte, buone per tutte le stagioni, come bustine di humour dal sapore amaro. Al grillo-leghista che vuole «la faina in manette» e «reddito di cittadinanza per gli anatroccoli sopravvissuti» rispondono gli innocentisti, convinti che l'anatra «se l'è cercata» mentre i dubbiosi sospirano: «Giusto in tempo per Quarto Grado», non prima che il polemista la butti sul sesso e spari alto: «E allora le donnole?». C'è il grillino che dà la colpa «alle faine precedenti, pesante eredità lasciata da chi c'era prima» e il leghista che invoca «la legittima difesa». C'è chi chiede alla sinistra di «ripartire dalla faina» e ci ripesca Piero Fassino: «Se la faina ha coraggio ci riprovi e vediamo quante altre anatre muoiono». E poi c'è lui, il nostalgico: «Quando c'era Lvi - lui il Duce - le anatre si ammazzavano in orario».

Felice Manti

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