Cronache

Lettera aperta di Corona dal carcere: "Sono una persona migliore"

Ma il fotografo dei vip non abbandona il suo atteggiamento: "Bisogna saper rispondere alla disperazione con un sorriso di sfida e il dito medio alzato"

Lettera aperta di Corona dal carcere: "Sono una persona migliore"

"A chiunque incontro e mi chiede come sto, rispondo sempre la stessa cosa: Sto bene, molto bene. Ma risponderei così anche dopo 30 coltellate, sanguinante, in fin di vita. Ho sempre risposto così, a tutti". A parlare è Fabrizio Corona, che dal carcere di Opera dove è detenuto dal 25 gennaio per estorsione scrive una lettera aperta a Verissimo.

A leggere la lettera, il fotografo dei vip sembra aver abbandonato l'atteggiamento spavaldo che ostentava fino alla condanna a sette anni, dieci mesi e diciassette giorni. "Penso che dopo la scoperta di una grave malattia, il carcere sia la cosa più brutta che possa accadere ad un uomo", scrive, "È la realtà dell’inferno in terra, dove colpevoli e innocenti sono costretti a vivere in condizioni vergognose e disumane nell’indifferenza istituzionale". Ma, a sentire Corona, sembra quasi che la galera abbia avuto l'effetto di recupero che il carcere dovrebbe sempre avere: "Io però, in questo momento, non provo più rabbia, né rancore per chi mi ha condannato e inflitto questa pena così eccessiva e così assurda, ma anzi lo ringrazio perché mi ha dato la possibilità di capire tante cose, mi ha aiutato a riconoscere i tanti sbagli, ad ammettere gli errori, a guardarmi dentro, nel profondo della mia anima e a capire finalmente, a quasi quarant'anni, chi sono e cosa voglio veramente".

"Il mio avvocato mi dice sempre: Sii forte del fatto che ciò che è giusto alla fine vince", prosegue, "E io continuo a combattere come ho fatto dal primo giorno che sono entrato in questo nuovo mondo, con questa nuova vita, per dimostrare che nei momenti di difficoltà si deve niente affatto ripiegare le ali, abbassare il tiro, ma anzi, tentare di rilanciarsi lavorando sui propri margini di miglioramento e sulla riscoperta dei valori veri e dei sentimenti come l’orgoglio e il coraggio, perché alla fine, quello che conta veramente (nothing else matter) è il carattere e il cuore che metti nella tua vita". Poi però torna il Corona spavaldo e tutt'altro che remissivo: "Bisogna saper rispondere alla disperazione con un sorriso di sfida e il dito medio alzato. E questo, oggi, deve essere d’esempio e di aiuto ai molti che pensano di non farcela e decidono di lasciarsi andare… Io non l’ho fatto e mai lo farò! Stare in prigione in questo paese è come morire lentamente, ma io continuo a vivere lo stesso, di notte, nei miei sogni, anche attraverso i ricordi di quella che è stata la mia incredibile vita: le tante emozioni provate, il grande amore dato e quello ricevuto, convinto, ancora oggi, che i sogni, se li desideri veramente e fai di tutto per raggiungerli, prima o poi diventano realtà.

Oggi, chiuso dentro la mia cella, la numero 1 del primo reparto del carcere di massima sicurezza di Opera, guardandovi seduto dal mio sgabello di legno mezzo rotto, attraverso un minuscolo televisore degli anni Settanta, voglio vedere mia madre sorridere: ha già pianto e sofferto troppo".

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