Cronache

L'illusione social di essere liberi

George Orwell scrisse 1984 immaginando un futuro governato da un partito unico con a capo un misterioso personaggio dittatore, il Grande Fratello, mai visto da nessuno. Oggi il Grande Fratello ha un nome e un volto, quello di Mark Zuckerberg

L'illusione social di essere liberi

Quando George Orwell scrisse 1984 immaginava un futuro governato da un partito unico, che teneva sotto controllo le vite di tutti i cittadini, con a capo un misterioso personaggio dittatore, il Grande Fratello, mai visto da nessuno. Oggi il Grande Fratello, oltre a essere una trasmissione di successo nell'ultimo decennio, ha un nome e un volto, quello di Mark Zuckerberg, il quale dà a ciascuno l'illusione di essere liberi. Liberi di fare cosa? Di scrivere le nostre cavolate («A cosa stai pensando?» ti chiede ogni giorno la status bar), di mettere like e ricevere like, apparentemente a nessun prezzo, perché Facebook è gratis. Cesare Pavese tuttavia diceva: «Le cose gratuite sono quelle che costano di più, costano lo sforzo necessario a capire che sono gratuite».

Nella fattispecie non bisogna neppure sforzarsi tanto: a Zuckerberg vendiamo i nostri profili personali, le nostre abitudini, le nostre preferenze, da quello che mangiamo a quello che compriamo a chi votiamo, in altre parole una quantità di dati su ciò che siamo, dalla a alla z. Non è gratis Facebook, siamo noi a venderci gratis. È un fenomeno non previsto neppure da Orwell: non c'è un Grande Fratello che ci spia contro la nostra volontà, a Facebook ci consegniamo felicemente e liberamente, pur di aver un nostro Hyde Park corner a portata di smartphone. E pur di poterci fare i cazzi degli altri, nella speranza che qualcuno si faccia i nostri (motivo per cui è sempre stato ridicolo avere un garante della privacy, la gente soffre se nessuno se la fila, non per il contrario).

Ma la questione va oltre: cediamo dati a chiunque (sempre gratuitamente, sempre accettando qualsiasi condizione), e non solo li cediamo noi, ma perfino gli Stati. Non per altro sono nate le technocorporation, per esempio Amazon Web Service. Controllata da Amazon, offre perfino ai governi il servizio di immagazzinamento dati, e ne usufruiscono la Nasa, il ministero della Giustizia britannico, il Dipartimento di Stato americano, fino alla Corte dei conti italiana.

Ma tornando a Facebook, fossimo almeno liberi di scrivere quello che ci pare, neppure quello. Io sono stato bloccato più volte (in punizione per settimane) perché un algoritmo decide se i vostri pensieri sono in linea con le regole della comunità, che il signor Zuckerberg cambia e decide come gli pare e piace.

Accettate, per esempio, che Facebook possa chiudere il vostro account, ossia tutta la vita privata che ci avete messo dentro (affinché non fosse più privata), a suo insindacabile giudizio, senza neppure un call center a cui rivolgersi. La nostra libertà, insomma, è tutelata da Zuckerberg, ma chi ci tutela da Zuckerberg?

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