Cronache

L'unica elezione estera che cambierà l'Italia

Un trionfo sovranista potrebbe lanciare la Lega e il Movimento 5 Stelle. Un flop darebbe fiducia alle forze moderate

L'unica elezione estera che cambierà l'Italia

Una volta tanto non sarà per provincialismo se tutta la politica italiana avrà gli occhi puntati su Parigi. Mai come in questa occasione, infatti, il rito repubblicano delle elezioni presidenziali di Francia ci dirà quale vento soffia oggi in Europa e, dunque, anche in Italia. Una sorta di prova del nove dopo la vittoria del leave nel voto sulla Brexit dello scorso giugno e il successo di Donald Trump a novembre. Il termometro, insomma, di come e quanto l'onda cosiddetta populista sia destinata ad arenarsi o a crescere.

Negli ultimi mesi la corsa di Marine Le Pen è sembrata per alcuni versi inarrestabile, con la leader del Front national che ha fatto suoi tutti i temi chiave del populismo: dall'islam all'immigrazione, passando per la sicurezza e il rischio terrorismo, senza dimenticare l'euro, la globalizzazione e una critica durissima all'Europa. E lo ha fatto con toni perentori, al punto di arrivare a dire che se ci fosse stata lei all'Eliseo «non ci sarebbe stato il Bataclan». Parole che le sono valse l'accusa di «raccogliere voti sui morti» in un caustico editoriale di Le Monde. È evidente, dunque, che «pesare» il suo risultato diventerà centrale per cercare di capire da che parte tira il vento anche in Italia, dove Matteo Salvini sta da mesi scopiazzando - e secondo i sondaggi con un certo successo - il copione della Le Pen. E dove i Cinque stelle hanno su molte questioni una linea simile a quella della leader del Front national.

Stasera sotto i riflettori ci saranno soprattutto i numeri, visto che, almeno stando ai sondaggi, la partita per l'Eliseo si chiuderà solo il 7 maggio, quando dovrebbero sfidarsi al ballottaggio i due candidati che oggi prenderanno più voti (che, secondo le ultime rilevazioni, dovrebbero essere proprio la Le Pen e il centrista Emmanuel Macron). Se la candidata della destra nazionalista dovesse davvero diventare il venticinquesimo presidente francese o, comunque, portare a casa un risultato numericamente importante, certamente in Italia ne uscirebbero rafforzati Lega e M5s. Chi ne andrebbe più a beneficiare sarebbe evidentemente Salvini, che con la Le Pen ha aperto un canale privilegiato da tempo e che sta lavorando da mesi ad una «nazionalizzazione» del Carroccio proprio con l'obiettivo di proporsi come il Fn italiano. Operazione, a dire il vero, piuttosto azzardata, visto che la ragion d'essere della Lega è da sempre la difesa degli interessi del Nord. Detto questo, un successo della Le Pen rafforzerebbe Salvini nella sua idea di candidarsi alla guida di una lista sovranista insieme a Fratelli d'Italia e pezzi di Forza Italia. E metterebbe in grande difficoltà Silvio Berlusconi, che da settimane si sta muovendo con prudenza, soprattutto rispetto ai temi più cari all'onda populista. Di fatto il leader di Forza Italia finirebbe ridimensionato, costretto ad interloquire con un Salvini che considera niente più che uno «sbruffoncello» (appellativo ripetuto in diversi colloqui privati), e obbligato a ritarare verso destra la linea politica. Ne uscirebbero invece rafforzati i Cinque stelle che con la Le Pen e il fronte populista condividono molte battaglie. Per quanto riguarda il Pd difficile immaginare grandi contraccolpi, a parte il fatto che Matteo Renzi sarebbe ancor più convinto della necessità di dare addosso all'Europa, cosa che in queste settimane ha fatto senza esitazione, a costo di creare un corto circuito tra le sue posizioni e quelle del governo Gentiloni di cui il Pd resta comunque l'azionista di maggioranza.

Situazione opposta, invece, nel caso di una brutta performance della Le Pen. Il vento della protesta populista, infatti, farebbe registrare una decisa frenata. Sarebbe il segnale che certi toni funzionano fino a un certo punto. E soprattutto che spaventano una fetta importante di elettorato. Si tratterebbe di una netta battuta d'arresto alla corsa alla leadership del centrodestra di Salvini e persino lo pseudo-congresso del Carroccio in programma il 21 maggio con un unico e sconosciuto sfidante al segretario in carica potrebbe trasformarsi in un passaggio faticoso. Soprattutto, un risultato del genere potrebbe tradursi in un deciso rilancio di Berlusconi che più che mai tornerebbe ad essere il polo di attrazione di un centrodestra allargato. Una coalizione destinata a tenere insieme le pulsioni sovraniste di Lega e FdI, ma anche tutta la galassia centrista che in questi giorni è in deciso movimento. Un listone unico di quest'area è quotato dai sondaggi al 34-35% e alle prossime politiche potrebbe giocarsela con i Cinque stelle. Uno scenario, questo, in cui il Pd rischierebbe seriamente di finire terzo.

Un discorso per certi versi simile lo si potrebbe fare nel caso la Le Pen perdesse al ballottaggio. Certo, i voti presi al primo turno di oggi resterebbero agli atti.

Ma sarebbe anche la conferma che, per quanti consensi possa ottenere il fronte populista, una cosa è proporsi come forza di protesta altra è essere credibile come partito di governo.

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