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Così la svolta istituzionale può costare cara a Di Maio

Certificata la distanza tra la nuova mise del M5s e quello che cova sotto la cenere, il leader rischia la destitutizione

Così la svolta istituzionale può costare cara a Di Maio

La conversione di Luigi Di Maio è iniziata qualche mese fa, quando il giovane leader grillino ha deciso di vestire la mise istituzionale spiegando guarda caso dal salotto buono di Porta a Porta che no, «non è più il momento di uscire dall'euro». Da allora è stato un crescendo, ragionato e molto ben concertato, culminato una settimana prima del voto con la consegna della lista dei futuri ministri al Quirinale, sceneggiata a uso e consumo dei media a cui sul Colle qualcuno si è voluto prestare. Non Sergio Mattarella, che per l'occasione preferì non farsi trovare, ma il segretario generale Ugo Zampetti che onorando la consuetudine che ha con Di Maio ormai da anni decise di riceverlo in pompa magna.

Passati 44 giorni dal voto, il giovane leader del M5s sta tenendo fede alla sua svolta istituzionale. D'altra parte, non è un segreto che Mattarella immagini di partire proprio dai Cinque stelle per dar vita ad un governo. Dovendo scegliere tra i due vincitori della tornata elettorale Di Maio e Matteo Salvini il capo dello Stato è infatti convinto che il leader della Lega fornisca poche, pochissime garanzie sul fronte della politica estera. Sull'intervento in Siria, per esempio, il Colle non ha affatto gradito la linea filo Putin sostenuta con forza da Salvini. Una posizione che ha provocato le accese e durissime rimostranze di Washington. Non è un caso che sul punto Di Maio abbia tenuto una linea decisamente filoatlantista, così netta (e per certi versi inedita) da scatenare l'accesa reazione della base che sui social gli ha puntato il dito contro definendolo un «novello Gentiloni». D'altra parte, quella sulla Nato è solo l'ultima di una lunga serie di giravolte. Denunciate proprio ieri dal quotidiano Il Foglio che ha raccontato con dovizia di particolari la storia della truffa del programma M5s votato on line, approvato e poi sostituito in gran segreto con uno diverso (e ovviamente non votato da nessuno). Ben venti Pdf totalmente riscritti, anche e soprattutto sul fronte della politica estera con un'attenta bonifica delle critiche alla Nato, agli Stati Uniti, all'euro e all'Ue. Un modo per iniziare a smarcarsi dalle critiche di chi, come Emmanuel Macron, è convinto che sia anche per colpa del populismo euroscettico e del revanscismo neonazionalista se oggi l'Europa «rischia una guerra civile».

Al Di Maio istituzionalizzato e per certi versi addomesticato, dunque, è seguito a ruota il tentativo di normalizzazione del programma M5s. Con quale risultato non si sa, se ancora ieri un consigliere comunale grillino di Campagnola, in provincia di Reggio Emilia, si augurava su Facebook la morte di Silvio Berlusconi. Morte fisica e non certo politica, sia chiaro. La presa di distanza dei vertici del Movimento è stata tempestiva, è vero.

Però l'episodio certifica la distanza che c'è tra la nuova mise istituzionale del M5s e quello che invece ancora cova sotto la cenere di un partito nato sull'onda dei «Vaffa day» di Beppe Grillo. Senza considerare che la presunta «svolta» avrà pure la benedizione di chi al Quirinale siede nei posti che contano, ma è comunque legata alla persona di Di Maio. Che oggi è il leader designato dalla Casaleggio Associati, ma già domani potrebbe essere sostituito da qualcuno più adatto al momento.

Un nome più unificante come quello del presidente della Camera Roberto Fico se l'obiettivo sarà quello di dar vita ad un governo oppure un frontman più battagliero come potrebbe essere Alessandro Di Battista se invece ci sarà da alzare le barricate dall'opposizione, magari in vista di una nuova campagna elettorale.

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