Cronache

Meranda tace in Procura Le carte della trattativa

(Facebook di Gianluca Meranda)
(Facebook di Gianluca Meranda)

Arrivati a questo punto, nel pasticcio dell'hotel Metropol e dei presunti soldi russi alla Lega, una sola cosa è certa: la Procura della Repubblica è parecchi passi più avanti di quanto ufficialmente appaia. Il silenzio sinora osservato dagli indagati sottoposti a interrogatorio - prima Gianluca Savoini, il «mister rublo» amico di Matteo Salvini, e ieri il suo amico Gianluca Meranda - non ha affatto irritato i pm che conducono le indagini: un po' perché se lo aspettavano, e soprattutto perché l'inchiesta è già così avanti da non rischiare di impantanarsi. E uno dei passi principali compiuti dall'indagine è la certezza che la trattativa non si è arenata la sera del Metropol. Dopo la discussione sullo sconto da effettuare sui milioni (tre o sei) di greggio da vendere all'Italia, Savoini e i suoi complici hanno avuto altri contatti con i russi. Non è detto, anzi è improbabile, che alla fine l'affare si sia concluso. Ma se le trattative sono proseguite, questo dimostra per la Procura che i russi consideravano i tre italiani, a dispetto del loro inglese zoppicante, degli interlocutori affidabili. E questo rafforza l'ipotesi che i tre avessero (o millantassero) appoggi all'interno del governo.

La notizia del consolidamento della trattativa viene resa nota ieri da una anticipazione dell'Espresso, che nel febbraio scorso aveva parlato per primo dell'indagine al Metropol. Si tratta di notizie che trovano in ampia parte conferma negli ambienti investigativi, che da mesi si muovono su questa traccia. A dimostrare la prosecuzione della trattativa è in primo luogo un documento del 29 ottobre scorso, undici giorni l'incontro al Metropol, in cui la banca di investimenti inglese Euro-IB, per cui lavora l'avvocato Meranda, scrive al colosso petrolifero russo Rosneft proponendosi per l'acquisto di tre milioni di tonnellate di gasolio e tre milioni di tonnellate di cherosene con il 6,5 per cento di sconto: entità coincidenti con quelle citate nell'incontro del Metropol. Il banchiere della Euro-IB che firma l'accordo è l'italiano Glauco Verdoia, e ieri spiega che l'operazione non andò in porto, e che comunque la Lega non c'entrava nulla e l'Eni nemmeno. Ma la coincidenza di tempi e di numeri con la trattativa del Metropol è oggettiva.

In un altro documento, del febbraio scorso, è sempre la Euro-IB a scrivere, questa volta a Savoini. Stavolta la firma è di Meranda, e in realtà racconta di un fallimento: la Gazprom, altro colosso russo del petrolio, ha rifiutato di vendere alcunché alla Euro-IB perché non la considera affidabile, «non ha indicato nella richiesta quali sono le sue infrastrutture logistiche». Meranda si lamenta con l'amico Savoini di questa decisione dei russi, ricordando che il petrolio era destinato a Eni che le strutture indubbiamente le possiede. Ma Eni, interpellata dall'Espresso, cade dalle nuvole.

Il quadro in mano agli inquirenti, a questo punto, comincia a farsi preciso. Cinque mesi di indagine sotto traccia, a partire almeno dal febbraio scorso (se non da prima), hanno consentito al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e ai pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro di acquisire una serie di tasselli, prima che la divulgazione dell'audio del Metropol sul sito americano BuzzFeed scatenasse l'attenzione dei media. Anche la decisione dei due «consulenti» che parteciparono con Savoini all'incontro del 18 ottobre, ovvero Meranda e Francesco Vannucci, di uscire allo scoperto con interviste ai media non ha colto gli inquirenti di sorpresa, probabilmente perché erano già arrivati da tempo con i loro mezzi a dare una identità al «Luca» e al «Francesco» dell'audio. Ieri si era sparsa la notizia che al Metropol ci fosse un quarto italiano, e magari anche un quarto russo: ma ai pm milanesi, almeno dell'italiano, non risulta traccia. Ha invece un nome almeno uno dei russi, si chiama Ilya Andreevic Yakunin. Il problema è che Yakunin, per il poco che se ne sa, non è un pubblico ufficiale, e quindi non può essere lui il destinatario della corruzione ipotizzata dai pm milanesi.

Ma per ora questo è solo un dettaglio.

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