Cronache

"La mia guerra da paracadutista di Mussolini: ero fascista e amavo l'aria"

Franco Malaguti, 91anni, ha raccontato al Resto del Carlino il suo rifiuto ai partigiani e la scelta di servire Mussolini fino all'ultimo

"La mia guerra da paracadutista di Mussolini: ero fascista e amavo l'aria"

Fascista prima e paracadutista nella Repubblica Sociale Italiana poi. È la storia, in sintesi, di Franco Malaguti, 91enne fiero parà di Mussolini. A tanti anni dalla fine della guerra, ha rilasciato un'intervista a Matteo Fabbri sul Resto del Carlino per consegnare ai posteri la sua testimonianza. Quella di chi, giovane soldato ai tempo del conflitto, decise di dire 'no' ai partigiani e prese la via di Salò, al fianco del fascismo "di cui ero sostenitore".

Nato il 20 novembre del 1924 a Vigerano Mainarda, è uno dei giovani che l'8 settembre 1943 volgendo le spalle a Badoglio decise di entrare a far parte del battaglione Azzurro, i paracadutisti della Repubblica di Salò. Svolse l'addestramento nella caserma dei pompieri a Milano, poi venne mandato nel 1944 a Tradate (Varese), sede del Raggruppamento Arditi Paracadutisti. Riservista a Spoleto, fece poi attività di pattugliamento nelle Valli di Lanz e vide la fine della guerra dalla Val d'Aosta.

Non pensò nemmeno un attimo di disertare. "La mia era una famiglia di contadini affittuari che aderì al fascismo perché disgustata dalla situazione di disordine generale in cui versava l'Italia dopo la fine della prima guerra mondiale. Di conseguenza - conclude Franco - anche io ero un sostenitore del fascismo, soprattutto sul piano ideologico-valoriale".

La sua militanza nella Rsi fu segnata dalla guerra civile e dagli scontri con i partigiani. "A Omegna e nelle Valli di Lanzo - continua - la nostra compagnia subì qualche attacco isolato, sempre senza conseguenze, da parte dei partigiani. Solo una volta vidi da vicino un partigiano: un sera, in una stazione ferroviaria, trovammo un ragazzo armato. Il nostro comandante lo uccise: ma io mi dossociai da quell'atto".

Franco venne fatto prigioniero dagli Alleati. "Quando arrivammo a Coltano (Pisa), il campo non era ancora stato ultimato. Quindi vivemmo per tre giorni all'addiaccio, dormendo per terra. Il cibo si ridusse progressivamente.

Venni rilasciato dopo 5 mesi".

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