Cronache

Una mini stangata per non cambiare niente

Uno che di giornali s'intendeva, Montanelli, diceva sempre che per farsi capire dai propri lettori bisogna sviluppare un solo concetto in una frase

Una mini stangata per non cambiare niente

Uno che di giornali s'intendeva, Montanelli, diceva sempre che per farsi capire dai propri lettori bisogna sviluppare un solo concetto in una frase. Se, invece, ne metti assieme tanti finisci per confondere le idee a chi ti legge e non dai, quindi, una buona informazione. Quello che osservava il vecchio Indro può essere ora ripreso, pari pari, per commentare la manovrina correttiva di primavera che il governo ha dovuto varare ieri in modo da riallineare i nostri conti pubblici con i parametri Ue, aiuti ai terremotati compresi. Una specie di cocktail preparato dal buon Padoan che diventa quasi una cortina fumogena per i contribuenti. Il risultato? Si addolcisce, così, una «stangatina» che, come dice la parola stessa, resta un po' indigesta.
Tanto per confondere le idee al signor Rossi sono, infatti, stati messi assieme il ritocco di primavera, il Def, che è il documento di programmazione economica in vista del 2018 e che prevede ulteriori 2,8 miliardi da stanziare per il pubblico impiego, il piano nazionale delle riforme e gli stessi interventi per il sisma. Tanta carne al fuoco su cui il governo finisce per versare un strato di maionese impazzita che non ti fa capire gli ingredienti che hai usato. Che sono, poi, i soliti: l'ennesimo ritocco del prezzo delle sigarette, l'aumento della tassa sulla fortuna (di questi tempi, è vietato anche illudersi di vincere al lotto) e, tanto per cambiare, vera sorpresa di Pasqua, l'ultimo proclama di lotta all'evasione fiscale. Siamo alle solite: da quando avevo i pantaloni corti e c'erano, allora, signori ministri delle Finanze come Vanoni, sento parlare di guerra a 360 gradi contro i soliti furbetti dell'erario: per certi versi, siamo ancora al punto di partenza o quasi. Da gennaio, ormai, stiamo discutendo su questa manovra correttiva per cercare di rimetterci in pari con Bruxelles e ora, dopo tre mesi, è stato partorito il classico topolino. Come dire: tanto rumore per nulla anche perché la vera manovra, da almeno 20 miliardi, ci sarà a fine anno. Tutto questo per lasciare le cose come stanno, anzi peggiorarle: secondo il centro-studi di Unimpresa, la spesa pubblica crescerà, infatti, di 24 miliardi nel triennio 2017-2019. Non ci sarà, insomma, alcuna inversione del «trend», come confermano gli ultimi dati Ocse sulla disoccupazione, ma anzi l'allarme rosso del debito non si attenuerà: vallo a spiegare ai nostri cari partner europei. Anche perché, la tanto sospirata ripresa economica continua ad essere rinviata e noi restiamo il fanalino di coda della Comunità.
Troppo pessimisti? Può darsi, ma è piuttosto sconfortante vedere che il Def, quasi fosse una marcia trionfale, registra con enfasi il fatto che, a fine anno, forse il Pil crescerà di uno 0,1% rispetto alle precedenti previsioni, da +1 a +1,1%.

Tra manovrina, Def e altro, mi viene in mente l'«ammuina» dei marinai borbonici: tutti si muovevano, schierati da una parte all'altra della nave, per poi ritrovarsi esattamente al punto di partenza.

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