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Il ministro del fallimento economico

Il ministro magari non ha ancora letto The Store, ma nel frattempo quando pensa al futuro il suo sorriso si "accartapesta" in un ghigno

Il ministro del fallimento economico

Il ministro ama i video, quelli quasi improvvisati, con la sua faccia in primo piano e l'iPhone di qualcuno che lo riprende, magari proprio sotto il portone di casa, con vista Colosseo. Il ministro parla, con il sorriso di prima mattina, e poi a un certo punto quel sorriso diventa una sorta di ghigno quando dice che i giornali stanno morendo, muoiono tutti perché nessuno ci crede più, e a lui questo piace. C'è una certa soddisfazione nel vederli morire. Non fa conti, non cita cifre. È una speranza: morirete tutti. Il sorriso lo tradisce. Quello che dice è meglio virgolettarlo: «Per fortuna ci siamo vaccinati anni fa dalle bufale, dalle fake news dei giornali e si stanno vaccinando anche tanti altri cittadini, tanto è vero che stanno morendo parecchi giornali tra cui quelli del gruppo l'Espresso che, mi dispiace per i lavoratori, stanno addirittura avviando dei processi di esuberi al loro interno perché nessuno li legge più».

Il ministro questi «comizi tascabili» li pubblica sulla sua pagina Facebook, così sembrano veri. Se li metti lì, sul grande libro universale, nella comunità degli amici virtuali, tutto quello che dici diventa reale. Esiste. È la nuova religione del libro. Ogni volta che lui pubblica un video, dicono questa volta i numeri, raggiunge almeno tre milioni di persone. Like, like, like.

Non gli basta. Il ministro odia comunque i giornali di carta perché sono contro di lui. Si oppongono e allora in teoria andrebbero fatti chiudere. Non è il primo a pensarla così, altri in passato ci sono riusciti. Ma come ricorda lui stesso: «Non ho il potere di farlo, e meno male».

C'è una cosa un po' inquietante che potrebbe capitarvi se aprite il video. Non a tutti, dipende dal caso e dagli algoritmi. C'è una pubblicità. Quella che è capitato a me è di Amazon Prime, un breve riassunto della serie tv, The Man in the High Castle. È ispirata a La svastica sul sole di Philip K. Dick. È un romanzo distopico sui nazisti che vincono la guerra e imperano sul mondo. Il caso e gli algoritmi a volte sono impertinenti e sbeffeggiano il ministro. Non sempre se ne accorge, magari non ha mai letto Dick. Casaleggio padre invece sì, lo citava spesso. È un merito, ma forse negli ultimi anni qualcosa si è perso nella biblioteca a Cinque Stelle. Capita.

Quello che conta è altro. Il ministro si è messo a sognare il fallimento delle aziende editoriali. I desideri non sono un reato, ma in questo caso le speranze del ministro sono una bestemmia politica e istituzionale. Il ministro ha un nome, un cognome e una poltrona. Si chiama Luigi Di Maio e fa il ministro dello Sviluppo economico. Il suo mestiere è far vivere le aziende, trovare il modo per farle crescere. Solo - come gli fanno notare i comitati di redazione di Repubblica, L'Espresso e La Stampa - lui non conosce neppure i nomi delle aziende. Li ignora, li sbaglia. Non sa che «il gruppo editoriale Espresso non esiste più da due anni, confluito nella società Gedi». Forse perché Gedi sembra un refuso di Jedi, i paladini della libertà di Guerre Stellari. Neppure questo però è il problema. Il guaio è dover fare i conti con qualcosa di ambiguo: Di Maio per questa fobia verso i giornali si candida a ministro del fallimento economico. Dovrebbe dimettersi o perlomeno cambiare nome al ministero. Non lo farà: «Nei media c'è un conflitto di interesse pazzesco, da una parte c'è Berlusconi, dall'altra De Benedetti».

Il ministro ancora una volta sorride e finisce per incarnare un altro romanzo di fantapolitica. Il titolo è The Store e gli autori sono James Patterson e Richard Di Lallo. The Store ha tutto e può consegnare tutto, grazie ai droni. The Store riesce addirittura ad anticipare le esigenze dei consumatori. A The Store non interessa quasi fare profitti, gode nel conoscere tutto di tutti. «Se una cosa esiste, The Store la vende». Vende anche giornali, riviste, libri. Ha il monopolio dell'editoria e dell'informazione. Il paradosso è che li vende in un mondo in cui nessuno legge.

Il ministro magari non ha ancora letto The Store, ma nel frattempo quando pensa al futuro il suo sorriso si «accartapesta» in un ghigno.

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