Cronache

Morta a Roma in un gioco erotico: quattro anni e 8 mesi all’ingegnere

La 23enne Paola Caputo deceduta per asfissia nel corso di un gioco erotico, mentre Federica era finita in coma dopo essersi fatta legare secondo la pratica dello shibari

Morta a Roma in un gioco erotico: quattro anni e 8 mesi all’ingegnere

Soter Mulè è stato condannato a quattro anni e otto mesi. La notte tra il 9 e il 10 settembre dell'anno scorso l’ingegnere aveva ucciso Paola Caputo che, inseguito a un gioco erotico, era morta per asfissia. Al termine del rito abbreviato, il giudice Giacomo Ebner ha riconosciuto Mulè responsabile penalmente per l’accusa di omicidio colposo aggravato e di lesioni dolose gravi per aver mandato in coma un’altra ragazza coinvolta nello "shibari", antica pratica di bondage che affonda le proprie origini nella cultura giapponese.

Il gip prima e il tribunale del riesame poi avevano ritenuto che quello compiuto da Mulè fosse stato un omicidio colposo. La Procura aveva, infatti, chiesto la pena a quattro anni e otto mesi per il reato di omicidio preterintenzionale, mentre la difesa dell’imputato insistiteva sul consenso fornito dalle due ragazze alla pratica erotica. Oggi il giudice ha definito che quanto avvenuto nel garage di Settebagni è "un omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento e lesioni colpose". Le motivazioni saranno depositate nei prossimi mesi. La famiglia della ragazza si è costituita parte civile. Il gup non ha riconosciuto una provvisionale, ma ha stabilito che i danni saranno da liquidarsi in separata sede. Invece Federica, la giovane che rimase in coma, ha scelto di non denunciare.

Per Mulé, che è stato difeso dagli avvocati Antonio Buttazzo e Luigi Di Majo, le due ragazze erano sue amiche e non ha accettato la morte di Paola e il dolore causato all'altra. L’ingegnere con la passione per la fotografia ed il bondage non si è, infatti, mai dichiarato responsabile. "Non c'era nessuna volontà, neanche remota di far loro del male", hanno ribadito gli avvocati oggi davanti al giudice. Lui infatti aveva cercato di liberare Paola, cercando un coltello prima nella borsa dell’altra poi nella sua auto ma ormai era troppo tardi.

Secondo il gip Marco Mancinetti, l'ingegnere sbagliò perché non aveva tenuto accanto a sé il coltello, come invece la pratica del bondage suggerisce.

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