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Il muro di Londra, sfida inglese all'immigrazione

La Gran Bretagna farà costruire una barriera al porto di Calais per difendersi dai migranti

Il muro di Londra, sfida inglese all'immigrazione

Lo hanno già chiamato «il muro di Londra» quello che la Gran Bretagna, in accordo con la Francia, ha deciso di costruire a Calais per arginare l'immigrazione clandestina proveniente dal continente. Sarà lungo un chilometro, alto quattro metri e per innalzarlo basteranno pochi mesi. Liberati, grazie alla Brexit, dai vincoli dei trattati europei, gli inglesi si riprendono in pieno la loro sovranità. E tirano dritto per la strada che i cittadini hanno indicato votando sì al referendum per staccarsi dalla Comunità del vecchio continente: questa Europa è una minaccia, la sua inadeguatezza nel contrastare l'immigrazione sta mettendo a rischio la tenuta sociale e l'economia dei singoli Stati.

Finché a sostenere questa tesi, e a innalzare muri, erano i leader destrorsi di Bulgaria e Ungheria, finché a urlare «basta» era la piccola Austria con quel ridicolo muretto al confine del Brennero, sembrava che le barriere fisiche fossero questione di pazzi razzisti in cerca di consenso elettorale. Ma ora come la mettiamo? Il «muro di Londra» è stato deciso dalla più antica democrazia del mondo, su indicazione di una donna, la neo prima ministra Theresa May, in accordo con il presidente socialista della Francia. Di razzisti e nostalgici nazisti in questa storia proprio non c'è traccia. A mio avviso c'è tanto buon senso, figlio della presa d'atto che la politica ha fallito, che il tempo per difendere ciò che siamo e che vogliamo essere è finito, che dopo il sostanziale fallimento della moneta unica sta franando anche un'Unione esistita più nei vertici blindati che nei fatti concreti.

Qualcuno già dice: è una vergogna. Penso che vergognoso sia continuare a subire un'invasione organizzata da terroristi e mafiosi, che su quei disgraziati si finanziano e arricchiscono. Vergognoso è lasciare centinaia di immigrati che si fanno scudo di bambini e donne incinte accampati nel cuore delle nostre città. Vergogna è non riuscire a rispedire a casa loro coloro che, e sono la stragrande maggioranza, non hanno i titoli per essere accolti e mantenuti.

A estremi mali, estremi rimedi. Gli inglesi se lo possono permettere perché hanno avuto il coraggio di spezzare un cordone ombelicale con Bruxelles che li stava asfissiando. Noi non abbiamo la sterlina, non siamo il Regno Unito, non possiamo costruire muri sulle coste libiche (la nostra Calais), forse non possiamo neppure immaginare una Italiaexit. Ma non possiamo neppure continuare così.

E se non possiamo chiudere le porte, almeno installiamone di girevoli.

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