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New York, primo weekend senza spari

New York, primo weekend senza spari

Ieri il capo del leggendario New York Police Department, James O'Neill, ha diffuso la strabiliante notizia: non si sono registrati morti né feriti per colpi d'arma da fuoco nell'ultimo weekend, fenomeno che non si registrava da un quarto di secolo, cioè dal 1993. È una notizia che va capita nel suo contesto. Quando gli italiani parlano di New York intendono Manhattan, uno dei cinque super-quartieri con il Bronx, Queens, Brooklyn e State Island. Per noi europei Nyc va da Harlem alla Statua della Libertà, ma non è lì che, in genere, si spara.

Perché mai festeggiare il primo fine settimana senza revolverate, anziché il primo mercoledì? La risposta sta nel booze, l'alcol che dal venerdì scorre sia nelle vene che nei caricatori delle automatiche. Da due secoli a Ny si spara ai confini fra le etnie ma da venti anni ai confini dell'impero dei cartels della droga, armi, prostitute e lavoratori schiavi. Un secolo fa si sparavano fra loro italiani, irlandesi ed ebrei, con i neri ai margini della criminalità quando non esistevano ancora i latinos messicani o cubani e gli asiatici erano i soli cinesi di Chinatown. La leggenda che si spari ad Harlem, il quartiere nero pieno di deliziosi villini in mattone, appartiene alla letteratura. Ad Harlem gli afroamericani per proteggersi dal turismo immobiliare hanno chiuso le porte ai bianchi.

Le armi, contrariamente a quel che si pensa, non sono quelle che si possono comprare dal droghiere come si fa in Florida, ma sono in genere pistole Glock di contrabbando e Beretta provenienti dagli stock che l'esercito dismette. Gli adolescenti maschi neri dei sobborghi sono in genere armati, anche se New York non è Chicago, dove ad agosto si registra la mattanza dei giovani afroamericani che si sparano fra loro. Qualche anno fa chiesi a un cameraman di farmi vedere dove si spara e mi portò a Staten Island. Ricordo un tizio seduto sul bordo del marciapiede in attesa di un'ambulanza con diciassette pallottole in corpo, nessuna letale. Le sparatorie sono andate scemando dai tempi di Rudolph Giuliani sindaco dell'Undici Settembre e della sua geniale «zero tolerance policy», che in Italia confusero con una repressione spietata. Io vivevo allora al Village e seguii questa operazione di bonifica senza spargimenti di sangue, strada dopo strada.

Giuliani non solo riportò alla sicurezza interi blocchi, ma lo fece arricchendo proprio cui impediva di delinquere: strade e abitazioni malfamate si trasformarono in miniere d'oro per il valore sul mercato e così le prostitute da strada e i pimp neri con le loro sgargianti giacche leopardate e le Cadillac, cambiarono mestiere. Ma scoppiarono i nuovi conflitti per le aree dello spaccio e le nuove leve colombiane e messicane introdussero nuove spietate regole del gioco insieme alle mafie orientali e alla ndrangheta nostrana che qui vale quanto la mafia russa.

I democrats che governano per tradizione Nyc hanno ottenuto risultati graduali, ma la politica del nuovo zero tolerance di Trump ha fatto di più perché i federali hanno più potere di prima. Il sindaco Bill DeBlasio, il governatore Andrew «King» Cuomo della grande dinastia e tutti gli altri italo-americani che sono al governo dai tempi di Fiorello La Guardia, oltre al citato Rudolph Giuliani cercano di cauterizzare la guerra dei cartelli e l'irlandese James O' Neill, attuale capo della polizia, un primo risultato l'ha ottenuto: un intero weekend senza sparatorie.

Da non dimenticare che nell'anno in cui gli avi di Giuliani emigrarono da Genova, l'agenzia dei flussi migratori aveva chiuso per quell'anno le porte ai meridionali italiani.

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