Cronache

No alla leva: già la scuola ci impone troppe regole

No alla leva: già la scuola ci impone troppe regole

Nossignora, il servizio militare obbligatorio no. Il/la ministro/a (a scelta) Pinotti ha lanciato il sasso proprio durante la festa dei nostri alpini, dei quali proprio l'altro ieri, qui, scrivevo un gran bene. Non è per antimilitarismo dunque che ripeto un sonoro Nossignora: tornare a un servizio militare non ha senso. O, peggio, ne ha uno fin troppo chiaro.

Non ha senso perché, con gli strumenti e le armi oggi in dotazione agli eserciti, quelle armi e quegli strumenti devono essere affidati soltanto a personale accuratamente e assiduamente addestrato. Se poi, diononvoglia, dovesse scoppiare una guerra, basterebbero pochi giorni per addestrare la carne da macello che verrebbe mandata all'assalto con una mitraglietta, anche più facile da usare del fucile Modello '91 della Prima guerra mondiale.

Infatti lo/a stesso/a ministro/a annuncia prudentemente che la nuova leva non sarebbe «più solo nelle forze armate ma un servizio civile che divenga allargato a tutti». E perché mai? Perché - ha spiegato - occorre «riproporre a tutti i giovani e alle giovani di questo Paese un momento unificante». Un momento unificante? Ma per quello c'è già, e fin troppo, la scuola dell'obbligo.

Facciamo il caso di un bambino di cinque anni e pensiamo alla tragedia delle ciliegie triangolari. (Sembra che la prenda da lontano, ma non è così). Lui è un universo perfetto e un esploratore del mondo, in assoluto il più creativo degli esseri umani. Poi questo capolavoro vivente incontra la scuola e le sue secche restrizioni, il suo ridurre tutto a norma, disciplina e regola. E quando, chino su un foglio, si abbandona gioiosamente alla propria creatività disegnando delle ciliegie rosa e triangolari, la maestra gli prende la mano e gli impone ciliegie rosse e rotonde. Ho preso l'esempio da un libro bellissimo e importante di Silvano Agosti, Il genocidio invisibile, che conclude: «E da quell'istante ha inizio il percorso della sfiducia in se stessi, indispensabile per sottomettere un essere umano e fargli credere sia ineluttabile negare a se stesso il tempo del gioco e della vita. Quando la sua sottomissione alla fine dell'esperienza scolastica sarà tale da subire con tremore e ossequio la tortura di esami insensati e vessatori, in cambio riceverà il diploma». La libertà di imparare, invece, porterebbe a sviluppare «una personalità sempre più sicura di sé, capace di costruirsi un proprio destino, senza alcuna traccia di sottomissione o di dipendenza».

Ecco, non mi sento troppo orwelliano se penso che un ritorno del servizio militare o civile obbligatorio, finirebbe per esasperare quel lavoro di controllo sociale e di omologazione non del tutto perfezionato dalla scuola, da uno Stato già opprimente per omologazione, tassazione, legislazione, regolamentazione, uniformazione.

Se non è questo lo scopo, se ho attribuito al Potere un pensiero troppo sofisticato, allora lo scopo può essere soltanto più modestamente politico: tenere occupati ancora per un anno o due, sfruttandoli, i ragazzi ai quali non si è in grado di offrire né un master né un lavoro. Nossignore, stavolta indisciplinatamente senza l'alternativa in «a».

@GBGuerri

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