"No al patto, l'Iran è una minaccia"

Netanyahu al Congresso ringrazia il presidente e poi attacca Teheran: "Compete con l'Isis per il primato del jihad"

"No al patto, l'Iran è una minaccia"

«Questo è un cattivo accordo. Pessimo. Faremmo meglio senza». Il premier israeliano nel suo tanto contestato discorso al Congresso americano, ieri, ha fatto quello che tutti si aspettavano: ha attaccato i tentativi di negoziato dell'America e della comunità internazionale sul nucleare iraniano e lo ha fatto proprio mentre i diplomatici del Dipartimento di Stato americano sono in Europa a lavorare all'intesa. Sono settimane, anzi mesi, che la sola menzione di questo discorso, a due settimane dalle elezioni in Israele e all'inizio di un periodo che dovrebbero portare a fine marzo a una svolta nei negoziati con l'Iran, fa litigare tutti da Washington a Israele.

Il premier è stato invitato dai repubblicani che da novembre controllano sia Camera sia Senato. Lo speaker della Camera, John Boehner, gli ha regalato un busto di Winston Churchill, l'unico altro leader al mondo ad aver parlato come lui tre volte al Congresso americano.

La Casa Bianca si è lamentata per essere stata messa da parte, ha parlato sia di ingerenza politica sia di danno alla robusta relazione tra l'America e il suo principale alleato mediorientale. L'ingerenza politica non è soltanto riferita al voto israeliano. Netanyahu ha iniziato il suo discorso riconoscendo il sostegno bipartisan di repubblicani e democratici a Israele e lodando il presidente Barack Obama. Prima di criticare un possibile accordo, ha ricordato le volte in cui il suo Paese nel mezzo di una crisi regionale ha cercato il presidente «e lo ha sempre trovato». Tuttavia, se il riconoscimento del legame tra i due Paesi, forte qualsiasi sia il partito al potere a Washington e il presidente alla Casa Bianca, era dovuto, il resto del discorso di Bibi è stato una sfida diretta alla politica di Obama sulla questione nucleare. È il presidente, infatti, che due anni fa, con l'avvento di Hassan Rouhani alla guida dell'Iran, ha aperto alla leadership iraniana e che assieme alla comunità internazionale tenta di strappare un accordo per il parziale congelamento del programma atomico iraniano su un arco di dieci anni. Un simile accordo, ha detto Obama lunedì a Reuters , sarebbe molto più efficace che un attacco militare. Per Netanyahu, invece, l'intesa è pessima. Permetterebbe all'Iran di mantenere parte del suo materiale atomico, le centrifughe per l'arricchimento dell'uranio e gli garantirebbe un breakout time - il tempo per tornare attivi nello sviluppo di armi nucleari - di un anno appena. Il premier israeliano è contrario a qualsiasi tipo di intesa o allentamento delle sanzioni fino a quando l'Iran «non cesserà le aggressioni nella regione», «non smetterà di sostenere il terrorismo internazionale», «continuerà a minacciare Israele». Netanyahu ha anche detto che, nonostante Teheran combatta l'Isis, in realtà compete con gli islamisti «per il primato del jihad».

Obama ha detto di non aver neppure visto il discorso e di aver solo letto la trascrizione: «Ma non firmerò cattivi accordi». Il caso resta, e si fa di politica interna, americana e israeliana. Obama lunedì ha detto d'essere preoccupato dal fatto che i deputati repubblicani minaccino l'intesa prima ancora che sia negoziata. I laburisti israeliani, che nei sondaggi rubano voti al Likud di Netanyahu, hanno definito il discorso uno spot elettorale. Il premier è stato accolto da un Congresso estremamente caloroso, tra applausi, abbracci con i deputati, ancor prima di raggiungere il podio. E mentre parlava è stato interrotto da oltre venti standing ovation. «Grazie a tutti, grazie, grazie America», ha concluso tra l'entusiasmo, in maniera molto hollywoodiana, salutando con la mano.

«Dopo gli applausi - ha detto il suo rivale al voto del 17 marzo, Isaac Herzog - Bibi resta solo e Israele più isolato».

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