Cronache

Noi stiamo sempre con chi fa il proprio dovere

Dalla parte delle vittime del politicamente corretto

Noi stiamo sempre con chi fa il proprio dovere

È successo a Milano. Un giovane di colore ha scavalcato i tornelli della metropolitana per viaggiare senza biglietto. Non contento ha reagito a male parole al controllore dell'Atm che, vista la scena, l'ha raggiunto sulla banchina. Ne è nato un diverbio durante il quale il controllore ha apostrofato l'immigrato: «Devi pagare il biglietto, sei una m... ». La scena, ripresa da un telefonino di un altro passeggero, sta facendo il giro del web suscitando lo scandalo dei benpensanti che ovviamente danno del razzista all'uomo in divisa. Tanto clamore che l'Atm ha aperto un'inchiesta e il controllore ora rischia provvedimenti disciplinari.

Lo diciamo senza alcun dubbio: noi stiamo con lui, perché le cose vanno chiamate con il loro nome. E chiunque - bianco, nero o giallo residente o forestiero - provi a non pagare il trasporto pubblico è una m..., perché scarica il costo sulla collettività. Non è che i pensionati di Milano siano felici di sborsare un euro e mezzo per prendere il metrò, ma lo fanno perché così dev'essere in una città civile o fosse solo che - lo diciamo con ironia - non avendo più l'agilità non sono in grado di scavalcare i tornelli.

Quel controllore ha fatto solo il suo dovere e andrebbe ringraziato. Cosa avrebbe dovuto dirgli, dopo essere stato addirittura aggredito verbalmente? Sciocchino, furfantello, birichino?

Nel vocabolario Treccani la voce «sei una m...» esiste ed è definita come «linguaggio popolare, familiare». Non dobbiamo avere paura a usare parole che definiscono meglio di altre fatti e stati d'animo. Gli islamici che uccidono i nostri figli non sono «disadattati» ma «bestie», Erdogan, in Turchia, non si sta comportando da «irresponsabile» ma da «feroce criminale».

Basta con il politicamente corretto, che censura la verità e provoca danni. Di recente il sindaco di Cerignola è finito alla berlina e nei guai perché, in dialetto stretto e tono affettuoso, ha apostrofato con un «ma sei scemo?» un bambino che si vantava di essere stato bocciato a scuola. Sono le stesse parole che mio padre mi rivolse il giorno che non fui ammesso alla maturità. Per la verità andò giù più pesante e non finirò mai di ringraziarlo per averlo fatto. Mi fece sentire un m... , quale ero stato. Oggi invece quel ragazzo di colore si sente un eroe, vittima del nostro razzismo e penserà che non pagare il biglietto del metrò è cosa giusta, porta onori e fama.

Questo mondo funziona così, ma era meglio il mio.

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